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13 FEBBRAIO 2015
Il Cittadino MB - Misso libero e arrestato nell’operazione Carillon, la rabbia delle “Vittime del dovere”

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Dolore e rabbia: ecco di cosa parla l’associazione di Monza “Vittime del dovere” dopo avere appreso che a capo della banda arrestata nell’operazione Carillon c’era Giovanni Misso, che nel 1977 aveva ucciso il carabiniere Ruggero Volpi.

«Il nostro pensiero va oggi alla vedova Volpi e a sua figlia il cui dolore noi tutti comprendiamo a fondo. Possiamo solo immaginare la rabbia nell’apprendere che, dopo essere stato scarcerato, Giovanni Misso sia tornato a delinquere, a circolare armato e potenzialmente pronto a nuocere nuovamente a civili e forze dell’ordine». Sono le parole con cui l’associazione di Monza “Vittime del dovere” commenta l’arresto della banda di rapinatori accusata di avere messo a segno almeno quattordici rapine, banda sgominata dai carabinieri di Monza.

GUARDA il video della banda in azione

L’associazione presieduta da Emanuela Piantadosi, figlia del maresciallo dei carabinieri Stefano Piantadosi, ucciso nel 1980 da un ergastolano in permesso premio, si dice «sconcertata, indignata che nessun Governo da molti anni a questa parte, abbia fermamente deciso di mettere mano al comparto giustizia, ponendo al centro degli obiettivi la certezza della pena e conseguentemente la sicurezza dei cittadini e il rispetto per tutti coloro che servendo questo Paese sono stati uccisi».

Giovanni Misso nel 1977 si era reso responsabile in concorso con altri «dell’omicidio del brigadiere dell’arma dei carabinieri Ruggero Volpi, medaglia d’oro al valor civile - ricorda l’associazione -. La drammatica esecuzione si è verificata a Genova durante la traduzione di un detenuto. Processato e condannato all’ergastolo nel 1981, Misso è tornato in libertà per “buona condotta”».

«Vogliamo ricordare la figura del brigadiere dei carabinieri Ruggero Volpi, decorato con Medaglia d’oro al valor civile conferita il 21 maggio 1978 con la seguente motivazione:“Capo scorta di un automezzo adibito a trasporto di detenuti, veniva proditoriamente aggredito ed attinto da numerosi colpi di arma da fuoco, unitamente ad altro militare ed all’autista civile, da parte di alcuni malviventi intenzionati a far fuggire il malfattore ivi trasportato. Sebbene mortalmente ferito raccoglieva le sue ultime energie preoccupandosi di far soccorrere gli altri feriti e di fornire utili notizie per l’identificazione degli aggressori. Nobile esempio di grande altruismo e totale dedizione al dovere spinti fino all’estremo sacrificio. Genova, 12 ottobre 1977.”»

Tratto da Il Cittadino MB

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