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01 DICEMBRE 2019
GospaNews.net - DA TERRORISTA ROSSO UCCISE UN POLIZIOTTO, ORA DIFFAMA IL CARABINIERE ASSASSINATO. Dopo i post sui proiettili a Salvini

Il sovversivo di Prima Linea Chicco Galmozzi condannato per l’omicidio di Giuseppe Ciotta insinua senza un benché minimo indizio  che il vicebrigadiere Mario Cerciello fosse “sul libro paga del pusher”

Prima finì sotto i riflettori per una battuta un po’ infelice e molto criminale sui proiettili spediti in una lettera anonima a Matteo Salvini, poi per il suo libro sulla storia delle battaglie operaie all’origine di Lotta Continua che culminò nell’esperienza terroristica di Prima Linea, ora si scopre che non solo attacca i politici vivi lontani dalla filosofia rossa di estrema sinistra ma infama persino la memoria di un Carabiniere morto nell’adempimento del suo dovere.

Offese ancora più gravi proprio perché pronunciate da lui, Enrico Galmozzi, tra i fondatori di Prima Linea e condannato per gli omicidi di matrice terroristica del poliziotto Giuseppe Ciotta, ucciso a 29 anni e insignito delle Medaglie d’oro al Valor Civile e per Vittime del terrorismo, e dell’avvocato e consigliere provinciale dell’Msi, Enrico Pedenovi. Il suo profilo Facebook è una piccola bottega di sinistri orrori che contiene post lesivi della dignità delle forze dell’ordine e dell’Arma Benemerita in particolare.

I messaggi sono spudorati e palesano un pensiero ben lontano dalla resipiscenza che il carcere avrebbe dovuto far maturare nella sua mente e nella sua anima. Perché sono certo che di cuore ce ne sia ben poco in un essere vivente che si arroga il diritto di speculare sulla morte di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei Carabinieri di Roma colpito con 11 coltellate dalla furia omicida del giovane aggressore americano Lee Elder Finnegan e poi spirato in ospedale nelle prime ore del 26 luglio scorso.

IL TERRORISTA DIFFAMA IL CARABINIERE UCCISO

Venerdì scorso l’ex terrorista di Prima Linea Chicco Galmozzi è tornato sulla ribalta della cronaca per la presentazione del suo libro “I figli dell’officina: da Lotta Continua a Prima Linea” edito da Derive & Approdi presso il circolo torinese La Poderosa così motivata dal presidente Stefano Alberione: «Chicco Galmozzi, un tempo lontano giovane operaio lombardo, è stato un militante di Prima Linea, condannato per ciò che ha fatto e che, scontata la sua pena, torna ad essere un libero cittadino nel pieno possesso e diritto di esercitare il diritto di parola e opinione».

Peccato che quel diritto di parola ed opinione, ben accetto a Facebook che censura i post contro la pedofilia ma non quelli contro i Carabinieri, lo ha esercitato nel suo profilo social per scrivere frasi tremende contro un morto che non può nemmeno difendersi, riuscendo a fare forse peggio della professoressa novarese che scrisse “uno di meno” ma fu mantenuta in ruolo dopo aver dimostrato che il messaggio fu postato sul suo profilo da un familiare.

«Ormai è chiaro che Varriale e Cerciello non sono intervenuti in quanto carabinieri ma in quanto guardaspalle del pusher. Se per proteggerlo in quanto informatore o se in quanto sul libro paga sarebbe cosa da appurare» ha scritto l’ex terrorista diffondendo insinuazioni dubitative gravissime e prive di uno straccio di riscontro.

L’aggressività verbale dell’ex sovversivo di Prima Linea ribadisce il suo viscerale disprezzo verso i Carabinieri anche in un altro post in cui prende le difese addirittura di due boss camorristici per i clamorosi festeggiamenti a Pozzuoli finiti nel mirino dei media italiani e delle forze dell’ordine.

«Festa con giochi d’artificio ed un concerto di cantanti neomelodici a Pozzuoli, nel rione Monteruscello, per la scarcerazione di due affiliati ai clan Longobardi e Beneduce. Il ritorno a casa dei due pregiudicati è stato così salutato dai familiari e amici nel comune del Napoletano» scrive il quotidiano Roma che poi dà spazio al commento disgustato del sindaco Vincenzo Figliolia: «Pozzuoli non è una città di camorra e provo disprezzo assoluto verso chi ha voluto omaggiare il ritorno dal carcere di membri appartenti ai clan. Loro, i camorristi, non sono nessuno, non valgono nulla. Rovinano soltanto l’immagine di una terra e di una comunità di gente perbene che lotta ogni sacrosanto secondo per affermare regole, rispetto e legalità».

Di tenore totalmente differente il commento di Galmozzi: «Cioè dopo 10 anni i due escono a fine pena e gli amici non possono festeggiare? Dice: “I carabinieri indagano”. Indaga su sta cippa…».

I SOVVERSIVI DI SINISTRA “GRAZIATI” DALLA GIUSTIZIA

L’ex terrorista di Prima Linea ha trascorso 13 anni in carcere per aver partecipato al primo assassinio attribuito al gruppo: quello di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Movimento Sociale Italiano, ucciso il 29 aprile 1976 a Milano, in occasione del primo anniversario della morte del militante neofascista Sergio Ramelli. Nel 1984 la Corte d’Assise di Milano riconobbe in Enrico Galmozzi, Bruno La Ronga e Giovanni Stefan (tutti e tre appartenenti a PL) gli esecutori materiali dell’omicidio, emettendo due condanne all’ergastolo ed una a 27 anni di reclusione.

Ad evitare l’ergastolo fu proprio Galmozzi perché si dichiarò “dissociato” e beneficiò della legge 18 febbraio 1987, n. 34 (Misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo): dei totali 27 anni di carcere cui fu condannato anche per l’omicidio del brigadiere Ciotta ne ha poi scontati effettivamente solo 13, come ricorda la Gazzetta del Mezzogiorno (link a fondo pagina).

A Stefan andò ancora meglio perché fuggi in Francia, non fu estradato in Italia per affrontare il processo di Cassazione e nel 2005 la Corte d’Appello fece prevalere le attenuanti sulle aggravanti determinando l’automatico abbassamento della pena massima, dall’ergastolo a 21 anni di carcere. Ma siccome tale reato si prescrive dopo 22 anni e mezzo e dall’omicidio Pedenovi ne erano passati più di ventinove, fu graziato dalla prescrizione grazie alla sua latitanza protetta dalla politica francese.

In tale clima di parziale impunità per gli estremisti di sinistra è comprensibile l’impudenza con cui l’ex detenuto per terrorismo aveva preso di mira il leader della Lega e allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che a luglio scorso aveva dato notizia di aver ricevuto una busta con dei proiettili. “Giù la testa, coglione. Non fare il cinema che ti va di culo: una volta invece di spedirli li consegnavamo di persona…”, il commento choc sui social di Galmozzi che su Facebook ha postato come immagine di copertina uno scatto in cui è accanto all’incrociatore Aurora da cui partirono le cannonate che diedero avvio alla Rivoluzione Bolscevica, pianificata dai massoni filo-comunisti come ricostruito da Gospa News.

Quelle parole avevano provocato la reazione del segretario del Carroccio: “Terrorista rosso, condannato per omicidio, oggi mi insulta e minaccia… Strano Paese l’Italia”, aveva commentato Salvini, al quale si era aggiunta la dura condanna dei familiari delle vittime, in primis Potito Perruggini, nipote di Giuseppe Ciotta. Frasi legittimate anche dalle aggressioni subite dallo stesso leader della Lega e da altri esponenti del suo partito da parte di estremisti di sinistra da ritenere “proto-sardine”.

Sotto accusa, a dicembre dello scorso anno, erano finite anche altre frasi scritte da Galmozzi sui social in difesa di Cesare Battisti. Il personaggio dell’ex terrorista dei Pac, si spingeva ad affermare Galmozzi, è stato “costruito dalla stampa che non solo ne ha fatto un mostro sotto il profilo criminale ma ne ha costruito anche una immagine antipatica”.

Mentre in occasione dell’ultima devastante acqua alta a Venezia lo stesso Galmozzi su FB ha commentato: «Forza acqua, igiene del mondo, sommergi tutto il Veneto».

Ma negli ultimi giorni è stato il suo libro sugli Anni di Piombo ha suscitare sgomento ed amarezza tra le vittime mentre l’organizzatore della serata pur condannando «aspramente la pratica della lotta armata, nel tentativo di evitare che delle vite fossero compromesse da una scelta sbagliata» ha aggiunto una postilla con cui sembra attenuarne le responsabilità secondo i noti mantra della sinistra: «Quanto alla violenza, sempre da condannare, ci sembra incommensurabilmente maggiore quella che permette, da postazioni di governo, che delle persone disperate siano lasciate morire, a centinaia, nei nostri mari, o quella che costringe le persone a lavorare oltre ogni ragionevole limite di età o, al contrario, al non lavoro o al lavoro precario, sotto pagato e sotto tutelato, che impedisce di programmare una vita dignitosa» ha infatti scritto Alberione della Poderosa di Torino come riportato da Adnkronos.

Lo ha scritto negli stessi giorni in cui i suoi amici di sinistra del sindacato CGIL si sono defilati da una protesta CISL per 20 lavoratori senegalesi lasciati a casa in uno stabilimento di Vercelli dopo frasi razziste contro di loro…

LE VITTIME DEL TERRORISMO CONTRO GALMOZZI

«C’è ormai una certa rassegnazione. Alla fine hanno vinto loro, i terroristi: sono stati deputati, a Torino, da Curcio a Balzerani, sono andati a presentare libri. E inutilmente noi protestiamo». Così Giovanni Berardi, presidente dell’Associazione europea vittime del terrorismo (Asevit) e figlio del maresciallo di polizia Rosario ucciso nel ’78 dalle Br, commenta all’Adnkronos “l’ennesima volta” in cui un ex terrorista, in tal caso Enrico Galmozzi, è protagonista di un incontro per la presentazione di un suo libro. I terroristi, sottolinea Berardi, si devono solo «augurare che Dio non esista, altrimenti la pagheranno«.

«E’ del tutto evidente che sarebbe opportuno che queste cose non si ripetessero e sarebbe meglio che queste persone, invece di cercare di tornare alla ribalta ad ogni costo, cercassero di farsi dimenticare» afferma all’Adnkronos il presidente dell’Associazione italiana vittime del terrorismo e dell’eversione (Aiviter) Roberto Della Rocca.

«Cosa dobbiamo aspettare? Che gli esponenti chiamati ex terroristi passino a miglior vita e che le loro voci e ‘testimonianze’ cadano nell’oblio, per non parlar e sentir parlare ancora di odio verso chi è diverso nel pensiero, nella pelle, nella religione e politica?» chiede Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi, ucciso da un commando dei Pac davanti alla gioielleria di famiglia a Milano, ricordando la sofferenza dei parenti delle vittime del terrorismo e quanto «dolore migliaia di famiglie hanno e ancora portano dentro le carni. La bilancia pende sempre a favore di Caino perché colui che ha colpito, che ha ucciso, in qualche modo deve essere capito, compreso e consolato».

«Il fastidio non sta nell’esprimere il proprio pensiero, la nostra democrazia e Costituzione lo permette, ma nel cercare a tutti i costi di imporre il solo e unico pensiero – osserva Torregiani – Galmozzi è l’ultimo fra i tanti che ancora scrivono e giustificano delle loro azioni e ancora minacciano questa ‘imperfetta democrazia’. Non vi sarà fine fin quando verrà permesso».

Per Potito Perruggini, nipote del brigadiere Ciotta, freddato nel marzo 1977 da Prima Linea, «dobbiamo riprendere le redini su come storicamente vanno interpretate alcune vicende, non possono essere certamente i carnefici a riscrivere la storia degli anni di piombo del Paese attraverso una ricostruzione autoreferenziale, quasi giustificazionista, assente di qualsiasi forma di pentimento e di rispetto verso le vittime».

«E’ fondamentale – aggiunge Perruggini – che prima che scompaiano tutti i protagonisti degli anni di piombo, e per questo faccio appello anche alle forze dell’ordine e a chiunque in quegli anni abbia rivestito ruoli istituzionali e oggi sia ancora in vita, ci sia un risveglio dell’orgoglio nazionale per consegnare alle future generazioni delle verità storiche condivise che superino i compromessi dell’epoca e, al di là dei meri esecutori, ci consentano di identificare i veri mandanti» conclude il nipote del brigadiere Ciotta facendo un implicito riferimento alle tante stragi impunite in cui politica, massoneria, servizi segreti, apparati militari, terrorismi eversivi e mafia risultano collegati da un filo rosso sangue da Ustica alla stazione di Bologna, da via Fani a Capaci e Piazza d’Amelio.

Intanto, nell’iTalia delle sardine rosse, un terrorista di estrema sinistra recidivo per due omicidi può permettersi di infamare persino la memoria di un Carabiniere esemplare come Cerciello, anche volontario a Lourdes, finito brutalmente ammazzato da un teppista palesemente satanista.

Tratto da GospaNews.net

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