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09 MARZO 2020
La Stampa - Il coronavirus riapre il dibattito sull’indulto

Il tema della carceri super affollate riaccende lo scontro tra favorevoli e contrari. Secondo l’ultima rivelazioni i detenuti sono 61 mila 230 a fronte di una capacità di 47 mila 231 posti

Roma – Il binomio Coronavirus-sovraffollamento nelle carceri è diventato, a dir poco, esplosivo. Tanto da imporre all’attenzione l’eventualità di un indulto. Richiesto a gran voce dai detenuti, anche con striscioni sul tetto delle prigioni com’è accaduto a Foggia, ma non solo. Dalla parte dei favorevoli troviamo infatti associazioni che si occupano dei detenuti, avvocati penalisti e politici come i radicali, il Pd, e l’ex ministro della giustizia Clemente Mastella. Mentre si schiera fermamente contro l’associazione «Vittime del dovere».

Secondo l’ultima rilevazione del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) i detenuti sono 61.230, a fronte di una capacità di 47.231 posti. In alcuni istituti di pena come a Taranto il sovraffollamento è del 200 per cento e la media è comunque del 130 per cento. La radicale Rita Bernardini, insieme all’associazione «Nessuno Tocchi Caino» sollecita il governo per un provvedimento di amnistia e indulto per sfoltire gli istituti di pena. «Bisognerebbe far uscire chi facendo uscire chi è stato condannato a pochi mesi di reclusione dichiara -. Persino in Iran l’hanno fatto. In Italia sono 8 mila i detenuti condannati a due o tre mesi e altrettanti a meno di due anni. Se uscissero si potrebbe almeno sanificare gli edifici che sono in igieniche condizioni drammatiche». Per la Bernardini non va dimenticato che «un’eventuale epidemia nelle carceri sarebbe particolarmente difficile per i molti detenuti che hanno patologie gravi, malati terminali e persone che hanno fatto la chemioterapia». La radicale ribadisce inoltre che non tutti gli istituti penitenziari sono dotati di Skype per consentire ai carcerati di rimanere in contatto telefonico con i propri parenti a causa del divieto delle visite.

Tratto da La Stampa

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