Chi dona la vita per gli altri resta per sempre
Cronologia delle attività
06 OTTOBRE 2021
ToscanaToday.it - Morti di serie A e B in Italia per i Servitori dello Stato

Dal convegno nazionale dell’Associazione “Vittime del Dovere” un richiamo forte al governo e al Parlamento.

“Chi dona la vita per gli altri resta per sempre”. E’ questo il motto in memoria delle vittime del dovere che è stato impresso nel dono che la presidente dell’Associazione Vittime del dovere, Emanuela Piantadosi, ha voluto offrire ai relatori ed alle autorità presenti al convegno nazionale (“Vittime del dovere: disciplina, equiparazione e nuove frontiere normative”) svoltosi a Pisa, sabato 2 ottobre, al Giardino Scotto, con il patrocinio del Comune di Pisa, l’Ordine degli Avvocati e l’Università di Pisa.

Un convegno che ha voluto squarciare, ancora una volta, il velo dell’oblio su un tema che i media mainstream non trattano ma che riguarda direttamente una speciale categoria di cittadini italiani, quella dei “servitori dello Stato”. Una categoria mediaticamente “silenziosa” in vita, anche se decisamente attiva ed operativa sul campo a difesa delle istituzioni e dei loro rappresentanti, e che viene ricordata al pubblico solo nel momento della loro morte, di solito tragica, violenta e cruenta.

L’Associazione Vittime del Dovere

A queste vittime del dovere, ai sopravvissuti ed a tutti i loro familiari (500 famiglie) che costituiscono l’anima e l’energia vitale dell’associazione di volontariato “Vittime del dovere”, la presidente Piantadosi ha voluto rivolgere un ringraziamento ricordando che queste vittime, cadute sia per mano della criminalità organizzata che della criminalità comune o per terrorismo, devono ricevere dallo Stato il riconoscimento degli stessi diritti di fronte alla legge in quanto tutti colpiti o uccisi nello svolgimento del loro ruolo di “servitori dello Stato”. Invece, in Italia, almeno fino ad oggi, le “parole” sono diventate portatrici di significati giuridici differenziati.

Morti si serie A e di serie B per lo Stato

Ovvero, l’essere definiti “vittime del dovere” equivale a NON poter ricevere (da parte dei sopravvissuti/invalidi e dei familiari delle vittime) gli stessi benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo. In pratica in Italia, ad oggi, i morti al servizio dello Stato sono divisi, per quanto riguarda il riconoscimento dei loro diritti, in due categorie: di serie A, le vittime del terrorismo, e di serie B, le vittime del dovere.

Infatti, in Italia, “alla differente classificazione della vittima del terrorismo, della criminalità organizzata o del dovere, corrisponde una diversità di attribuzione delle misure di ristoro, che genera un’evidente asimmetria e disparità di trattamento tra soggetti comunque riconducibili alla medesima sfera oggettiva di dolore, per aver subito danni, anche mortali, a causa di eventi delittuosi”, si legge nella premessa del Disegno di Legge n. 876 (“Estensione alle vittime del dovere dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo”), presentato tre anni fa, il 18 ottobre 2018 (XVIII Legislatura), dal senatore Gianmarco Corbetta (Mov. 5 Stelle) su proposta dell’Associazione Vittime del Dovere. Eppure tutti, in quanto servitori dello Stato, si legge ancora nella premessa “nel tempo hanno impedito l’effetto nocivo, se non sovversivo, di molteplici derive criminali sui principi fondamentali dello Stato democratico”.

Perché?

“Perché la situazione normativa è complicata, ma la situazione applicativa lo è ancora di più” ha detto l’avvocato Andrea Bava, socio onorario dell’Associazione, intervenuto sul tema “Evoluzione giurisprudenziale in materia di Vittime del Dovere”, che ha istruito una causa pilota proprio contro lo Stato per il riconoscimento della equiparazione dei diritti tra vittime del terrorismo e vittime del dovere. Ed anche se la tesi del Ministero dell’Interno è ferma sul concetto che ci vogliono 10 anni per essere dichiarato vittima del terrorismo, l’avvocato Bava ha ricordato pubblicamente che non esiste solo il “beneficio contrattuale” a cui ricorrere, ma anche il “beneficio assistenziale” che fa parte integrante del diritto dello status di cittadino. “La tutela è la stessa – ha concluso – per cui molte persone che non sanno di questa eventuale tutela potranno essere ristorate”.

La dimensione costituzionale del Dovere

Ne ha parlato il professor Gianluca Famiglietti, docente di Diritto costituzionale all’Università di Pisa. “Fu la Rivoluzione francese a consegnare alla contemporaneità il nuovo status di cittadinanza nella dimensione dei Diritti e dei Doveri – ha esordito – . La nostra Costituzione dedica alla dimensione dei Doveri uno dei 12 Principi Fondamentali, l’art. 2, seconda parte (doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale) e gli articoli 52 (“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”), 53 (in pratica il dovere di pagare le tasse) e 54 sul “dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi” e specificando, al secondo comma, “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. La dimensione di Cittadinanza costituzionale implica il rispetto di diritti e doveri da cui nessuno può essere escluso, nemmeno un cittadino straniero perché la nostra Costituzione rivendica e statuisce il “Diritto ad avere Doveri”.

La costituzione di parte civile

Della costituzione di parte civile nei procedimenti che vedono le Vittime del dovere quali parti offese ha parlato l’avvocato Sergio Bellotti che ha esordito con una provocazione: “la vittima nel processo penale è insignificante”, citando una frase del giurista Franco Cordero. “Nel nostro sistema del diritto penale in cui un fatto penale è tale perché lede il diritto di chi è la vittima – ha esordito – quest’ultima, nel processo penale, è insignificante perché le parti del processo sono l’accusa e l’imputato. La persona offesa se non è “parte“ non esiste e se vuole divenire “parte” deve essere rappresentata da un avvocato per esercitare un diritto risarcitorio di carattere civilistico”. Il punto nodale, ha spiegato Bellotti, è la differenza dei ruoli che si basa sulla nozione di “danno risarcibile”, l’unico danno che giustifica una causa. Anche l’Associazione Vittime del Dovere, quando volesse costituirsi parte civile, può stare nel processo ma come spalla della pubblica accusa. “Il nostro sistema penale è un sistema accusatorio e l’interpretazione se un soggetto è titolare del diritto risarcitorio è molto restrittiva – ha continuato Bellotti – . Quindi il problema è vedere se c’è la possibilità per gli enti rappresentativi di interessi diffusi di essere considerati soggetti danneggiati dal reato. Ho vissuto per 27 anni nell’ottica dell’interesse dell’accusato – ha concluso Bellotti – ma, oggi, ho capito le difficoltà che le vittime hanno nelle cause di diritto penale”.

La legge è uguale per tutti?

“Ma la legge è uguale per tutti!” è stato il refrain dell’avvocato Piero Porciani che è intervenuto sul tema “La difesa in giudizio delle Forze dell’Ordine”, riferendo di casi specifici in cui ha difeso molti tutori dell’Ordine che sono stati processati ed anche condannati per poi essere assolti, dopo anni ed anni, durante i quali hanno subito una gogna mediatica feroce, hanno fatto una vita d’inferno, ma, soprattutto, hanno perso la propria dignità. “In Italia, per ricevere giustizia – è stata la sua amara conclusione – devi essere ammazzato dalla persona giusta. Per questo occorre – ha concluso – una seria riforma perché le sventure possiamo averle tutti noi e “vittime del dovere” rischiamo di esserlo tutti”.

La normativa italiana

E’ stato l’avvocato Paola Maria Di Luccia dell’Ufficio legale dell’Associazione a parlare della evoluzione normativa relativa alla categoria “Vittime del Dovere”. Una vera e propria stratificazione normativa che ha distinto e classificato le vittime a seconda della tipologia dei fenomeni criminosi che li hanno coinvolti.

La prima legge risale al 1921, al regio decreto n. 261, che prevedeva benefici ed elargizioni economiche alle famiglie delle vittime. Bisognerà aspettare gli anni Settanta per arrivare alla legge n. 629 del 1973 che riconosce lo status di vittima del dovere a tutti i soggetti in servizio a seguito di azioni terroristiche ed alla legge n. 466 del 13 agosto 1980 per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata che non prevedeva distinzioni tra vittime.

Con la legge n. 302 del 1990, per la prima volta, viene fatta distinzione tra le Vittime del Dovere e le Vittime del terrorismo. Da allora una serie di leggi hanno riproposto la distinzione tra vittime fino ad arrivare alla legge n. 206 del 2004, prima pietra miliare della equiparazione, ed alla legge n. 266 del 2005 che, all’art. 1, comma 563 e 564, ribadisce quali sono i soggetti “Vittime del Dovere” già elencati dalla legge n. 466 del 1980: Magistratura, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato, Vigili del Fuoco, Polizie municipali e (comma 563) “in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”. Il comma 564 equipara i soggetti di cui al comma 563 “coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

Nel dicembre 2008, un anno dopo la fondazione dell’Associazione “Vittime del Dovere”, viene istituito presso la Presidenza del consiglio dei Ministri un Tavolo tecnico, allo scopo di portare a compimento entro il 2010 il processo di equiparazione delle vittime. Ma i lavori si sono arenati e ad oggi “permane un’illogica sperequazione tra le diverse categorie di vittime, certamente non giustificabile dal punto di vista giuridico, costituzionale ed etico” si legge nella premessa al Disegno di Legge presentato dal senatore Corbetta su proposta dell’Associazione.

Il punto dolens

“Alla differente classificazione della vittima del terrorismo, della criminalità organizzata o del dovere, corrisponde una diversità di attribuzione delle misure di ristoro, che genera un’evidente asimmetria e disparità di trattamento tra soggetti comunque riconducibili alla medesima sfera oggettiva di dolore, per aver subito danni, anche mortali, a causa di eventi delittuosi” si legge nella premessa al testo del DDL 876.

Si tratta, si legge ancora, di arrivare ad una equiparazione della maggior parte dei benefici di carattere pensionistico-previdenziale, del riadeguamento dell’assegno vitalizio, della corretta applicazione agli invalidi del decreto del Presidente della Repubblica n. 181 del 2009 e del paritario regime fiscale da riservare ai trattamenti pensionistici. Una sperequazione tra le diverse categorie di vittime considerata illogica e non giustificabile dal punto di vista giuridico, costituzionale ed etico dai legali dell’Associazione e da tutti i suoi membri: vedove, orfani, invalidi e genitori di appartenenti alle Forze dell’Ordine, Forze Armate e Magistratura.

Ma che, soprattutto, lede la dignità delle vittime stesse. Il DDL n. 876. E’ composto da 4 articoli oltre l’ultimo, di prassi, sulla “Entrata in vigore”. L’art. 1 apporta modifiche alla legge n. 206/2004 inserendo il comma “1-ter” che recita: “Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle vittime del dovere….e ai loro familiari superstiti….”, sostituisce il titolo della legge con «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, nonché in favore delle vittime del dovere» e dispone che l’efficacia decorra dal 1° gennaio 2019. L’art. 2 prevede l’Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime del dovere in data 2 giugno. In tale data, e senza gravare con nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le amministrazioni pubbliche “possono organizzare cerimonie commemorative e celebrative e possono favorire, in particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, la promozione e l’organizzazione di studi, di convegni e di momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione su quanto accaduto e sul valore del sacrificio delle vittime del dovere”. L’art. 3 riguarda l’”Onorificenza di vittima del dovere” che il Presidente della Repubblica dovrebbe concedere con la consegna di una medaglia ricordo in oro alle vittime, o in caso di decesso, ai loro parenti ed affini, entro il secondo grado. Per ottenere tale onorificenza, i soggetti di cui sopra, devono presentare domanda alla prefettura-ufficio territoriale del Governo di residenza o al Ministero competente, anche per il tramite delle associazioni rappresentative delle vittime. L’art.4 tratta della “Copertura finanziaria” e recita: “Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, pari a 60 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo unico giustizia, di cui all’articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181”.

Le testimonianze in diretta

“Abbiamo fatto battaglie per avere anche noi una Giornata della Memoria delle Vittime del Dovere – ha esordito la presidente dell’Associazione, Emanuela Piantadosi, orfana del Maresciallo Capo dei Carabinieri, Stefano Piantadosi, Medaglia d’Oro al merito civile, ucciso il 15 giugno 1980 da un detenuto ergastolano in permesso premio evaso dal carcere di Porto Azzurro.

“Tutti hanno una Giornata del Ricordo – ha continuato – , il 21 marzo è la Giornata delle Vittime innocenti delle mafie, il 9 maggio è la Giornata delle Vittime del Terrorismo, il 12 novembre è la Giornata dei Caduti militari e civili nelle missioni all’estero. Abbiamo chiesto ai vari ministri della Difesa un Luogo del Ricordo, una sala museale al Vittoriano, ma sono passate diverse legislature e vari ministri della Difesa e dei Beni Culturali ma non è successo nulla”.

Anche la vicepresidente dell’Associazione, Ambra Minervini, ha voluto testimoniare che la stessa Cassazione le ha proibito di intitolare un’aula a suo padre, il magistrato Girolamo Minervini, ucciso a Roma dalle BR il 18 marzo 1980, “il giudice che rifiutò la scorta”, come ha voluto ricordare l’avvocato Porciani, in segno di profondo rispetto per l’uomo che non volle mettere a rischio altre vite umane oltre la sua.

Testimonianze dolorose che come familiari delle Vittime del Dovere sono state ascoltate in diretta dal Viceprefetto Edoardo D’Alascio, dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’Interno, e dalle numerose autorità presenti in alta uniforme in rappresentanza dell’Arma dei Carabinieri, dell’Aeronautica (corpo a cui appartiene il segretario nazionale dell’Associazione, Alessandro Luzzi, orfano del Maresciallo Scelto dell’Aeronautica Militare Lido Luzzi), della Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco che hanno ricevuto il dono dell’Associazione dalle mani del presidente dell’Associazione Polizia di Stato, Angelo Gallo.

L’assessore Giovanna Bonanno, del Comune di Pisa, con deleghe tra le altre alla Sicurezza cittadina, Polizia Municipale, Contrasto alle mafie e Cultura della legalità, si è impegnata pubblicamente ad offrire il contributo dell’Amministrazione per consentire una chiarezza nella legislazione per il rispetto delle vittime di Stato adeguata, per una equa tutela dei familiari dei servitori dello Stato e per dare un contributo fattivo per ricordare, nella memoria collettiva, chi è caduto vittima del dovere.

Un convegno molto importante

Il convegno nazionale “Vittime del Dovere” del 2 ottobre, a Pisa, è stato interamente videoregistrato. Degli ultimi due interventi, molto lunghi, approfonditi ed articolati, sia dell’ex magistrato Carlo Palermo (“Il diritto delle vittime alla verità”) che della dottoressa Loretta Bolgan (“Le particolari condizioni ambientali e operative: il rischio derivante dall’esposizione a particolari fattori dal possibile effetto patogeno”) ne daremo conto in un prossimo articolo.

Tratto da ToscanaToday.it

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