Chi dona la vita per gli altri resta per sempre
I nostri caduti

Il sito www.vittimedeldovere.it raccoglie le note biografiche, dei caduti e degli invalidi, appartenenti alle Forze dell’Ordine, Forze Armate e Magistratura, che sono state inoltrate e autorizzate, anche per quanto attiene al trattamento dei dati personali, dai familiari dei caduti oppure dal diretto interessato, invalido.

Le informazioni relative alle Vittime del Dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata sono frutto di ricerche storiche, giornalistiche e amministrative di cui si citano sempre le fonti.

In larga misura, le biografie si compongono anche di notizie fornite direttamente dalle famiglie di chi ha dato la vita per lo Stato o dall’appartenente alle Istituzioni che ha perso la propria integrità fisica durante lo svolgimento dei compiti di servizio pubblico.

Le storie delle Vittime del Dovere vengono pubblicate con grande partecipazione, interesse e orgoglio, tuttavia, non forniscono alcuna garanzia di completezza o di precisione assoluta. Rappresentano un contributo importante per ricostruire la storia del nostro Paese e rendere onore alla memoria di uomini e donne che costituiscono il patrimonio etico della Nazione.

Ogni richiesta, precisazione ed integrazione dovrà essere indirizzata alla segreteria dell’Associazione Vittime del Dovere al seguente indirizzo segreteria@vittimedeldovere.it

Tenente dell'Aeronautica Militare
Paolo Capodacqua

Il Tenente Paolo Capodacquaera membro dell’equipaggio del velivolo “Lupo 92”, un G222 della 46ª Brigata Aerea di Pisa, con la qualifica di secondo pilota.

Il 29 Agosto 1985 il veicolo G222 “Lupo 92” della 46esima Brigata Aerea, mentre era impegnato in una missione di soccorso antincendio nel Comune di Laconi, in Sardegna, precipitò e si schiantò al suolo.

L’equipaggio, composto dal Capo Equipaggio Maggiore Fabrizio Tarasconi, secondo pilota Ten. Paolo Capodacqua, Load Master Maresciallo Scelto Lido Luzzi e Tecnico di bordo Maresciallo 1° Cl. Mot. Rosario Ferrante, perse la vita durante la manovra di fuga quando il velivolo, scaricato il carico di acqua e liquido ritardante, impatta con la coda sulla collina sovrastante l'incendio e si spezza in due, precipitando al suolo.

Al Tenente Paolo Capodacquaè stata conferita il 19/04/2004 la Medaglia D'ORO al Valor Civile nel 1985 con la seguente motivazione:

Componente l'equipaggio di un velivolo dell'Aeronautica Militare, impegnato in un'operazione di spegnimento di un violento incendio, precipitava al suolo col proprio mezzo a causa di una improvvisa e forte turbolenza, sacrificando la vita ai più nobili ideali di abnegazione e spirito di servizio. Fulgido esempio di elette virtù civiche ed elevatissimo senso del dovere. 29 agosto 1985 - Laconi (NU)”

Link www.quirinale.it

I familiari lo ricordano così:

Paolo era un ragazzo di 25 anni dotato di una particolare generosità ed empatia per il prossimo. Per questo e per i suggerimenti del padre Renato, stimato ingegnere aeronautico, aveva scelto la carriera legata al volo. Era fortemente attaccato al suo lavoro. Consapevole dei rischi che comportava e comporta tutt’ora. Scendere con un aereo a poche decine di metri da terra per sganciare un liquido ritardante o vuotare un serbatoio d’acqua per arginare l’avanzata delle fiamme – spiegava ai familiari - è un’operazione estremamente rischiosa. Se vuoi che riesca devi farla nel pieno rispetto dei rigidi protocolli. Anche quando il pericolo è forte e il rischio notevole.  Fiamme, fumo, correnti ascensionali: “In quegli attimi - raccontava ancora Paolo ai suoi fratelli - è come volare in una nuvola di bambagia, sono sensazioni che può capire solo chi le prova”. E in quelle circostanze solo il forte senso del dovere e l’amore incondizionato per il prossimo consentono di operare con efficacia. Qualità che Paolo aveva al massimo grado, al pari dei commilitoni che hanno condiviso con lui il tragico volere del destino. Amava giocare, scherzare con gli amici, come tanti; amava il lavoro che aveva scelto per seguire la passione del padre, ingegnere aeronautico. Amava lo sport; amava la bicicletta, disciplina di fatica e sacrificio, come il lavoro che quotidianamente lo chiamava a impegnarsi senza riserve per contenere e arginare le conseguenze degli incendi, spesso generati dalla mano assassina dell’uomo. Era un ragazzo come tanti. Con l’amore dentro.

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