Come Presidente dell’Associazione Vittime del Dovere, che rappresenta anche familiari di vittime delle missioni di pace in Afghanistan, non posso che confermare l'amarezza di fronte alla vanificazione del duro lavoro svolto con dedizione e professionalità da uomini e donne, che hanno portato con rispetto, umanità ed entusiasmo il loro aiuto impegnandosi strenuamente.
Missioni che, per coloro che l'hanno vissute sulla propria pelle, rappresentavano la speranza di un futuro migliore, alimentata dalla convinzione che la ricostruzione di una base democratica sarebbe stata duratura, per il bene di tutti ma soprattutto per veder rifiorire una terra martoriata da violenza e terrorismo.
Oggi ci troviamo a fare i conti con un enorme sacrificio di sangue, 53 morti e 700 feriti, e con un imponente investimento, da parte del nostro Paese, che è stato vanificato da scelte imposte a livello internazionale, per lo più guidate da ragioni economiche, i cui esiti erano e sono assolutamente prevedibili.
Non credo che sia stato tutto perso o che ciò che è stato fatto verrà dimenticato; resta il rammarico ma il seme della legalità è stato gettato e confido che non morirà; il sacrificio compiuto non sarà mai inutile perché ciò che ha spinto molti militari e civili in quelle terre non è stato il mero utilitarismo ma la convinzione che la Giustizia e la Democrazia possano fiorire ovunque.
Emanuela Piantadosi, Presidente dell’Associazione Vittime del Dovere
ASSOCIAZIONE VITTIME DEL DOVERE
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