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15 GIUGNO 2020
40° anniversario dell'uccisione del Maresciallo Capo Arma Carabinieri Stefano Piantadosi, Vittima del Dovere

Il 15 giugno 2020 ricorre il 40° anniversario dell’uccisione del Maresciallo Capo Arma Carabinieri Stefano Piantadosi, Vittima del Dovere.
Nei luoghi cari al Maresciallo, e ove lui ha svolto servizio, in questi giorni sono in corso le cerimonie di commemorazione presso i comuni di Pieve Emanuele, Opera, Locate Triulzi e Bernareggio.

Il Maresciallo Capo Stefano Piantadosi, nasce a Roccabascerana in provincia di Avellino il 2 settembre 1936, terzo di quattro figli.

A 20 anni entra nell’Arma dei Carabinieri. Terminata la Scuola Allievi in Roma, viene destinato al Nord, prima presso il Battaglione Motorizzato di Milano e dopo alla Stazione di Pantigliate e al Nucleo Tribunale della Compagnia Comando Carabinieri di Milano.
Il 23 settembre 1960 frequenta a Firenze il 53° Corso presso la Scuola Allievi Sottufficiali.

Divenuto Vice Brigadiere, viene trasferito a Milano e, successivamente, alla Stazione Carabinieri di Bernareggio (MI), con il cui comandante instaura un rapporto di stretta collaborazione e di grande fiducia e stima, cosa subito percepita dalla popolazione.
Siamo all’inizio degli anni Sessanta ed il Maresciallo Stefano Piantadosi cerca di dare un’impronta personale all’attività che svolge con passione, grande senso del dovere e particolare umanità.
A Bernareggio conosce Enrica, una giovane ragazza che sposerà e che gli darà due figli Emanuela e Saverio.

Nel 1964 viene trasferito presso la Stazione di Limbiate (MI); l’anno dopo arrivano i primi incarichi dì Comando, prima presso la Stazione Carabinieri di Cantù, quale responsabile della Squadra Operativa e successivamente a Cermenate (CO), Lurago d’Erba (CO) e Lomazzo (CO).
Il 23 novembre 1970 viene nominato comandante della Stazione Carabinieri di Locate Triulzi, paese dell’hinterland sud di Milano, il cui territorio comprendeva i Comuni di Locate Triulzi, Opera e Pieve Emanuele.
Negli anni Settanta il Maresciallo Capo Piantadosi si trova ad operare in un territorio ampio e fino ad allora prettamente agricolo, che vive in quel periodo un vero e proprio boom economico. La crescita demografica ed economica esponenziale, trascina con sé problematiche sempre più complesse e difficili da fronteggiare. Egli comunque lavora instancabilmente con i suoi collaboratori, che lo seguono con ritmi sempre più serrati, imposti dalla gran mole di lavoro, trovandosi ad affrontare quotidianamente numerosissimi problemi legati all’emarginazione, alle rapine, ai furti e alle occupazioni abusive.
Il territorio, di cui si occupa, é particolarmente eterogeneo ed in continua espansione pertanto spesso si verificano incidenti nei cantieri ed incidenti stradali; addirittura in quegli anni nei comuni afferenti all’allora caserma si verifica un disastro ferroviario e un disastro aereo.
Il Maresciallo Piantadosi riesce a costruire con la popolazione un rapporto disponibile e sereno, tanto da venire spesso interpellato per appianare situazioni familiari e dare consigli.
Temuto e rispettato dalla malavita locale, non cercherà mai di abusare del proprio potere, trattando con correttezza, fermezza e coerenza sia il malfattore come l’onesto cittadino.

Per la sua personalità e professionalità, e per meriti di servizio, avendo partecipato a brillanti operazioni militari, il Maresciallo Capo Stefano Piantadosi viene più volte pregiato di iscrizione sul “Foglio d’Ordine della Legione Carabinieri di Milano”.
Tali riconoscimenti rappresentano un ambito traguardo per un carabiniere.
Viene inoltre ad essere decorato con Croce d’Argento per Anzianità di Servizio e con Medaglia di Bronzo al Merito di Lungo Comando nel 1975 e d’Argento nel 1980.

Il fatto

E’ proprio nel 1980, che la magia di una vita dedicata al servizio della comunità viene spezzata inesorabilmente, da quel male che i Carabinieri e tutte le Forze dell’Ordine cercano instancabilmente e quotidianamente di combattere sul campo.
Infatti, il 15 giugno 1980 il Maresciallo Capo Piantadosi ed il Carabiniere Giovanni Motta, giovane militare in ferma breve, durante un servizio d’ordine pubblico, per una gara ciclistica, che si stava svolgendo nel comune di Opera, individuano fra gli spettatori una persona dall’atteggiamento sospetto, successivamente identificato come Ferruccio Zanoli, che esibisce un documento con generalità false. Insospettito e considerata la folla presente alla manifestazione, il Maresciallo ritiene opportuno condurre l’uomo presso la Stazione Carabinieri di Locate Triulzi, per effettuare ulteriori accertamenti. Fa accomodare l’uomo sul mezzo militare, precisamente sul sedile posteriore con accanto il Carabiniere e si pone alla guida. Durante il tragitto il giovane Carabiniere perquisisce l’uomo, il quale improvvisamente estrae una pistola e spara alla nuca del maresciallo freddandolo.
Il mezzo finisce in un campo coltivato a grano nel Comune di Locate Triulzi.

Zanoli, mai catturato per l’omicidio, successivamente si accerterà essere un feroce omicida. Già detenuto nel Carcere di Porto Azzurro per scontare una pena di 30 anni a seguito dell’uccisione di un guardiacaccia, commessa a Paullo (MI) nel 1952, uscito nel 1976 con permesso premio dì 7 giorni, non era mai più rientrato e risultava quindi evaso.

I solenni funerali, su desiderio della popolazione e dei colleghi del Maresciallo, furono ufficiati dal Sua Eminenza Cardinale Carlo Maria Martini Arcivescovo di Milano, tra le autorità presenti, figurava il Gen. Carlo Alberto dalla Chiesa.

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