Chi dona la vita per gli altri resta per sempre
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13 SETTEMBRE 2021
Anniversario della scomparsa dell'Ufficiale dell'Aeronautica Militare, Antonio Cavellet, insignito della medaglia Mauriziana e Cavaliere del Lavoro

Nato a Taranto il 24/02/1949. Deceduto a Monserrato (CA) il 13/09/2006.

Era il 1969 quando la nave salpò nel porto di Cagliari portando per la prima volta il sottotenente dell'Aeronautica militare Antonio Cavallet nel capoluogo sardo. Fu un colpo di fulmine, amore a prima vista. La via Roma con i suoi lunghi portici e quell'aria pulita da respirare a pieni polmoni avevano sciolto come neve al sole tutti quei pregiudizi che da sempre avevano penalizzato l'isola negli ambienti militari.

Antonio Cavallet, meglio conosciuto come Tony, aveva solo vent'anni e ancora non sapeva che quei luoghi sarebbero diventati la sua casa. Spedito nella base di Decimomannu per punizione poiché macchiato della “grave” colpa di suonare la chitarra in orari non consentiti, dimostrò da subito le sue grandi doti umane e professionali dando vita ad un personaggio ed un uomo che pochi davvero scorderanno.

È davvero complicato descrivere con un aggettivo una persona con le sue caratteristiche poliedriche e forse non è nemmeno necessario perché chi ha conosciuto Tony, sa perfettamente quanti termini servirebbero per definirlo. Uomo di cultura, sportivo appassionato e praticante, grande intrattenitore, uomo spettacolo e per quanto mi riguarda potrei dire padre esemplare, ma sarebbe banale, preferisco chiamarlo e ricordarlo come il mio migliore amico di sempre. Sposò Marisa che raccontava di averla vista seduta sopra un pullman appena giunto a Cagliari provando subito grande attrazione. Era facile, Tony ha sempre avuto un debole per le ragazze more e alte e mia madre, sfidando la consuetudine che voleva le donne sarde non eccessivamente alte, era esattamente come piacevano a lui. La carriera di Tony nella base di Decimomannu proseguì brillantemente e in un ambiente internazionale abitato da americani, inglesi e tedeschi non fu mai complicata per lui la convivenza grazie alla sua naturale tendenza a imparare la lingua molto velocemente. Ho visto mio padre parlare come dentro una barzelletta cioè con un americano, un tedesco e un inglese e con ciascuno abbandonarsi in maniera disinvolta in battute e risate pazzesche. Nella sua carriera non sono ovviamente mancate incomprensioni con colleghi poiché il suo carattere estremamente aperto e amichevole spesso provocava gelosie e risentimenti.

Promosso Tenente colonnello il 12 dicembre del 1996 proseguì la sua carriera sempre con entusiasmo e nonostante le tante proposte anche all'estero decise comunque di non abbandonare Decimomannu, vero equilibrio della sua vita. Con l'arrivo del nuovo millennio maturò in lui la voglia di un'esperienza forte, una sorte di chiosa di prepensionamento. Decise infatti di partecipare ai servizi per conto dell'ONU nell'operazione “Joint Guardian” in Kosovo. Era novembre la prima volta che partì e ricordo al ritorno la sua gioia infinita, il senso di partecipazione per un'avventura che gli aveva mostrato direttamente davanti agli occhi, gli orrori e la decadenza di un popolo sventrato dai bombardamenti. Per altri due anni decise di proseguire con queste missioni,aveva voglia di sentirsi utile anche in territori così sfortunati e non dimentico le sue lacrime raccontandoci delle caramelle date ai bambini e di tutte quelle persone che gli facevano ricordare la sua fortuna arricchendolo ancor più di umanità e senso della vita. Purtroppo però quelle missioni divennero presto la sua condanna. Nel giro di pochi anni le particelle di uranio impoverito avevano completamente divorato l'interno di Tony. Fegato, intestino, cervello ed ossa erano intaccate da un tumore aggressivo e bastardo. Se uno però è come Tony, riesce comunque a uscirne vincitore.

Dopo il primo intervento al colon gli furono dati pochi mesi ma lui si prolungò la vita per altri due anni e mezzo. Tornò in servizio, faceva i suoi turni di chemio trasformando il blocco 3d del Policlinico di Sestu in un meraviglioso mondo quasi Felliniano. Quando veniva dimesso, si metteva una caramella in bocca, mi faceva l'occhiolino e già pensava ad un programma del giorno dove la paura e la rassegnazione non esistevano. Purtroppo i medici non ci davano belle notizie, ma poi io lo guardavo e pensavo che essere straordinari significa esserecome lui. La malattia però si era sforzata di batterlo e il 13 settembre del 2006 lui capitolò intorno all'ora di pranzo. Ma a modo suo. Svenne nei corridoi dell'ospedale, dopo pochi secondi si risvegliò e mi disse che sentiva male a causa dell'aria condizionata, era incredibile. Poco dopo purtroppo la anima volò in cielo e con lui tanto di quel grande mondo che aveva costruito nella sua esistenza, breve ma intensa.

Oggi è una vittima del dovere, un uomo eccezionale che mi ha insegnato tanto e che lascia la moglie e due figli. Spesso ripenso a come sarebbe stata la sua vita senza quelle missioni. Non è riuscito nemmeno ad andare in pensione ed a viversi le sue passioni in maniera tranquilla come avrebbe meritato. Sicuramente però ha lasciato un solco ben visibile e la sua nostalgia spesso diventa nei racconti che lo riguardano, motivo di vita e allegria. Questo significa essere speciali e immortali e anche se una malattia ti strappa alla vita è proprio lei, la vita che ti richiama attraverso chi ti ha conosciuto e amato.

(Biografia scritta da Marco Cavallet, figlio del Tenente Colonnello Antonio Cavallet)

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