L'eccidio di Kindu (o massacro di Kindu) avvenne l'11 novembre 1961 a Kindu, nell'attuale Repubblica Democratica del Congo (al tempo denominata Repubblica del Congo), dove furono trucidati tredici aviatori italiani, facenti parte del contingente dell'Operazione delle Nazioni Unite in Congo inviato a ristabilire l'ordine nello Stato africano durante la crisi del Congo.
I tredici militari italiani formavano gli equipaggi dei due C-119 Lyra 5 e Lupo 33, bimotori da trasporto della 46ª Aerobrigata di stanza a Pisa.
Due velivoli da trasporto dell'Aeronautica Militare, due "Vagoni volanti" C-119 della 46esima Aerobrigata di Pisa atterrano all'aeroporto di Kindu, vicino al confine con il Katanga, la regione dalla quale è dilagata la sanguinosa guerra civile che minaccia la giovane repubblica africana, proclamata il 30 giugno del 1960.
I due aeroplani italiani trasportano i rifornimenti per i 'caschi blu' malesi della guarnigione di Kindu. Dopo le procedure di scarico del materiale i tredici militari, due equipaggi completi più un ufficiale medico, escono senza armi dall'aeroporto per portarsi presso una vicina mensa dell'Onu. Mentre stanno ancora pranzando vengono sorpresi da un gruppo di militari congolesi ammutinatisi.
Nell'aggressione uno degli ufficiali, il medico, viene ucciso, gli altri vengono trascinati in una prigione e poi trucidati. Dopo neanche ventiquattr'ore la quarantaseiesima Aerobrigata perde in Congo altri quattro uomini a seguito dell'atterraggio di fortuna tentato da un C119. I corpi dei 13 aviatori trucidati non saranno ritrovati subito e inizialmente si teme che i ribelli e la folla ne abbiano fatto scempio. Solo in seguito si scoprirà che erano stati sepolti in due fosse comuni e saranno riesumati solo quattro mesi più tardi.
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