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04 LUGLIO 2016
COMUNICATO STAMPA - Il 41 bis e il teleworking in linea con i diritti costituzionali e i diritti umani: ammorbidire il regime "duro" e consentire l'accesso alle innovazioni tecnologiche

In un Paese dove esistono emergenze sociali, dove i giovani faticano a trovare lavoro, dove molte vittime devono ancora avere giustizia e vivono un'esistenza segnata dal dolore, dal trauma e dal disagio, qualcuno pensa ai più efferati criminali della nostra Nazione, a coloro che hanno attuato la strategia del terrore, versando il sangue di tanti innocenti, molti dei quali servitori dello Stato.
"Quali possono essere gli interventi sulla vita quotidiana di queste persone, ad esempio la garanzia che possano affrontare anche patologie e disagi psicologici e non solo psichiatrici".
Queste le parole di Gennaro Migliore, Sottosegretario al Ministero della Giustizia, riportate da alcune testate giornalistiche, riferendosi alla rigidità del regime detentivo del 41 bis.
Perchè parimenti non sono nei pensieri del Sottosegretario i disagi psicologici causati da questi personaggi, alle Vittime rimaste invalide e ai familiari di quanti sono stati annientati senza pietà?
Favorire poi la comunicazione con la “famiglia” attraverso l’accesso a Skype per non interrompere i diritti fondamentali della persona? La proposta, fortunatamente smentita, merita, comunque, di essere segnalata a futura memoria.
Non si tratta di alleggerire semplicemente una misura di prevenzione, ma di mettere consapevolmente i più sanguinari criminali in condizione di continuare a gestire il territorio direttamente dalle loro celle “di massima sicurezza” consentendo una sorta di paradossale teleworking.
Tutte le restrizioni previste dal 41 bis hanno lo scopo di impedire i contatti e i collegamenti con l’associazione criminale di appartenenza.
Tali restrizioni possono essere rivalutate solamente quando risulti che sia venuta meno la capacità del detenuto, o dell'internato, di mantenere contatti con le suddette associazioni criminali, terroristiche o eversive.
Con simili provocazioni si vuole testare la capacità di reazione dell'opinione pubblica, esternando proposte discutibili sempre nel periodo estivo, quando Ia voglia di vacanza ed evasione degli italiani prende il sopravvento?
Ma questo paventato pericolo ci ha portato, invece, ad approfondire le ricerche effettuate dalla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, che ha pubblicato il Rapporto sul Regime Detentivo Speciale - Indagine conoscitiva sul 41 bis - nell’aprile di quest’anno (in allegato) e ci ha consentito di fare delle riflessioni.
Non crediamo che nessun cittadino onesto possa pensare di alleggerire una misura di prevenzione, quella del 41 bis, che cerca di garantire e tutelare la vita e la sicurezza di tutti, ostacolando le dinamiche mafiose.
Un provvedimento, per la cui approvazione, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con le loro scorte, hanno dato la vita, e la cui efficacia è dimostrata proprio dall'azione di contrasto promossa, a vari livelli e in vari ambiti, dagli stessi uomini della Mafia.
Molte sono le raccomandazioni che la Commissione elabora, volte a ridurre trattamenti definiti vessatori, ma riteniamo lecito domandarci se tali “revisioni” del 41 bis non potrebbero poi aprire uno spiraglio che vanifichi l’alto prezzo di vite umane pagato per ottenerne l’istituzione.
Il Governo non si lasci intenerire dal buonismo imperante, in questo caso strumentalizzato ad arte, da questi lupi celati sotto pelli di agnello.

Emanuela Piantadosi
Presidente Associazione Vittime del Dovere

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