Associazione Vittime del Dovere: Deprecabile utilizzare i sentimenti e le sensibilità della figlia di un boss della camorra per intenerire sulle condizioni di efferati criminali ristretti al 41 bis.
Ieri durante l’edizione del festival del cinema di Tavolara Una notte in Italia tra proiezioni serali di video e film è stato presentato il docu-corto Denyse, al di là del vetro del regista Gianfranco Gallo che rappresenta la situazione dei familiari di chi è sottoposto al carcere duro ed in particolare della figlia di Raffaele Cutolo, ex boss della nuova camorra organizzata, condannato al 41 bis e mai pentito, con 14 ergastoli sulle spalle.
Nel video si evidenzia come, raggiunti i 12 anni previsti dalla legge, Denyse non potrà più abbracciare il padre per le restrizioni del regime detentivo. Dalle parole del regista, in un’intervista rilasciata a Fanpage e pubblicata il 12 luglio, il corto approfondisce la condizione di una bambina che nasce praticamente orfana, con un genitore con 14 ergastoli e al 41 bis… che può vedere la figlia una volta al mese e per un’ora alla volta e il regista precisa: “Io sono sempre dalla parte dei familiari delle vittime perché come primo istinto mi immedesimo nelle vittime – e aggiunge Gallo – Però poi c’è un’altra parte che ti fa andare più a fondo, ti fai tante domande”.
L’associazione Vittime del Dovere che riunisce vedove, orfani, invalidi e genitori di appartenenti alle forze dell’ordine, forze Armate e magistratura, caduti o rimasti invalidi nel contrasto alla criminalità comune e organizzata e al terrorismo, propone una riflessione sull’argomento del 41 bis, tema spinoso e controverso posto all’attenzione del grande pubblico in modo capzioso ed edulcorato, scrive in una nota l’associazione. L’approfondimento esternato da Vittime del dovere, scevro da intenti polemici nei confronti degli organizzatori del festival che si prodigano per realizzare un evento di spessore culturale nel panorama della cinematografia italiana, vuole essere uno spunto per un reale inquadramento della questione del 41 bis: “Pensiamo sinceramente che una bambina e comunque dei minori in genere, non dovrebbero essere mai utilizzati per affrontare argomenti tanto controversi. Esistono purtroppo anime innocenti che subiscono scelte ed azioni efferate condotte dal proprio genitore consapevolmente – spiega l’associazione – Una riflessione necessaria è quella di prendere atto del disagio provocato da simili scelte per i minori, i quali vanno comunque tutelati. Denyse è stata concepita secondo una decisione pretesa a gran voce all’epoca da Cutolo e accordata dai vertici del ministero della Giustizia di quel periodo, come privilegio concesso di fatto a pochi eletti, assecondando questo desiderio di paternità virtuale, tanto irresponsabile quanto aleatorio, alla luce di una tale condizione detentiva. Facendo tesoro di questa testimonianza bisogna prendere coscienza del fatto che una simile richiesta forse non dovrà più essere accordata dal ministero per non avere ulteriori recriminazioni e polemiche a valle di una concessione che avrebbe dovuto essere apprezzata e non strumentalizzata per altri scopi – aggiunge Emanuela Piantadosi – Consideriamo infatti deprecabile sfruttare i sentimenti e le sensibilità di una bimba per intenerire sulle condizioni di efferati criminali ristretti secondo le prescrizioni del nostro ordinamento penitenziario al 41 bis, regime detentivo costato la vita ai Giudici Falcone e Borsellino e alle loro scorte. Domani si celebra la strage di via D’Amelio e corre l’obbligo celebrare e pregare per le Vittime – conclude la figlia del Maresciallo capo dei Carabinieri Stefano Piantadosi freddato a 44 anni da un delinquente – È forte dirlo, ma per amore di giustizia e di onestà intellettuale, ritengo necessario dare voce ai tanti orfani di Servitori dello Stato che non hanno più visto i loro genitori neanche attraverso un vetro: l’ultima immagine che abbiamo dei nostri padri è quella in una cupa bara”.
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