Non solo l’Abruzzo e Sulmona (Aq) per la guardiania a palazzo di città affidata (2017) ad un condannato per delitti puniti con l’ergastolo, finito ai servizi sociali per espiare la sua pena, esponente di ndrangheta mai pentito[*], ma anche la Campania e Napoli che si avventurano in un progetto di lavoro in cui si reclutano detenuti come ausiliari giudiziari. Iniziativa contestata dall’associazione Vittime del dovere e partita da un’intesa protocollata dal provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria in accordo con la procura della Repubblica di Napoli e il garante dei detenuti della Campania.
Il testo del protocollo non è reperibile e l’associazione può avanzare considerazioni sulla base di quanto pubbicato, sull’argomento e sino ad ora, dai media.
“Pur partendo dal presupposto sancito dall’art. 27 della Costituzione …le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.. e da quanto previsto dal decreto ministeriae 88 dell’8 giugno 2015, sulla messa alla prova dell’imputato in contesti di pubblica utilità, la scelta di servirsi di detenuti per sopperire a carenze di personale in procura, lascia molto perplessi – spiega la presidente dell’associazione Emanuela Piantadosi – Tale opportunità di reinserimento è proposta in un contesto istituzionale in cui si gestiscono informazioni e dati sensibili che potrebbero essere facilmente acquisiti o addirittura manipolati da coloro che, paradossalmente, hanno dimostrato nei fatti un rapporto conflittuale con la giustizia”.
Per l’associazione sembra contraddittorio consentire a soggetti, seppure selezionati e solo per brevi periodi, di familiarizzare con l’ambiente di una Procura addirittura importante come quella di Napoli, molto impegnata nel difficile contrasto alla criminalità organizzata.
“Anche se per il semplice trasporto di atti e fascicoli, quale mansione specificata, riteniamo pericolosa questa iniziativa che potrebbe rappresentare un modo inconsapevole per affrancare delinquenti, i quali potrebbero coltivare relazioni, amicizie o, comunque, umane simpatie, utili nell’immediato o in un prossimo futuro. Stiamo infatti parlando di detenuti che stanno scontando la pena e che pertanto stanno compiendo un percorso rieducativo ma che non può dirsi certo concluso, dovendo essere testato nel tempo l’effettivo ravvedimento. Per tali ragioni chiediamo che siano chiariti i criteri, le modalità, i limiti e le verifiche che verrebbero poste in essere per gestire questa iniziativa, bilanciando i diritti della collettività – aggiunge la coordinatrice dell’associazione -Unica spiegazione addotta, per il momento, pare essere la mancanza di personale nella Procura, che verrebbe colmata con queste aleatorie risorse impiegate in modo temporaneo. La motivazione appare ancora più inconsistente ed assurda se si pensa sia agli eventuali rischi per la riservatezza delle informazioni ivi reperibili, sia al diverso trattamento riservato ad un qualsiasi operatore del tribunale che oltre a dover superare un concorso pubblico di accesso per un qualsiasi ruolo, deve essere privo di precedenti penali, rispettando specifici requisiti di condotta e di qualita’ morali (decreto presidente della repubblLica 487 del 9 maggio 1994)”.
Una scelta presa in risposta alla mancanza di ausiliari giudiziari, si giustificano i promotori, ma i colletti bianchi da impiegare potrebbero essere ingaggiati partendo dai centri per l’impiego, nati e pagati per fornire supporto nel collocamento dei cittadini, con particolare riguardo a coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza in attesa di un lavoro e alle categorie protette, tra cui rientrano le Vittime del Dovere, terrorismo e criminalità organizzata.
“Perché invece di voler tentare strade insidiose non si pensa di rieducare i detenuti impiegandoli in lavori effettivamente spendibili una volta scontata la pena, come artigiani oppure come maestri d’arte e mestieri di cui si sta perdendo capacità e tradizione? – domanda Piantadosi – Honestum et utile diceva Cicerone (De officiis, trattato filosofico scritto nel 44 a.C.) sui doveri morali necessari per la convivenza civile: Ciò che è onesto è anche utile e ciò che è davvero utile è anche onesto – conclude la presidente di Vittime del dovere – Sarebbe opportuno che in ambito pubblico lavorino soltanto coloro che non hanno precedenti penali, rispettano le leggi, le regole e soprattutto gli altri, valorizzando un principio etico fondamentale che è l’onestà”.
[*] Per il caso di Sulmona (Aq) alla persona a cui è stato affidato il coordinamento del servizio di guardiania in Comune è stata riconosciuta una misura alternativa alla detenzione e per questo è affidata ai servizi sociali in una coop che ha vinto l’appalto per i servizi negli uffici pubblici. Persona che ha partecipato in municipio a più di una riunione, convocata dal sindaco della città dei confetti, Annamaria Casini, con l’incarico di coordinatore del servizio di custodia e sorveglianza degli uffici comunali per conto della cooperativa che ha vinto l’appalto del servizio di guardiania del Comune di Sulmona. Incontri tenuti anche insieme ai rappresentanti sindacali e all’allora (2017) assessore regionale Andrea Gerosolimo.
Sostieni l'associazione!
Fai una donazione con