Care Socie e Cari Soci,
Ci permettiamo di sottoporre alla Vostra cortese attenzione l’allegato articolo del Corriere della Sera di oggi, a firma di Giovanni Bianconi, chiedendo un Vostro contributo in merito.
Sulla base di tale articolo, e di molti altri che periodicamente vengono pubblicati sempre più spesso su testate nazionali, vi evidenziamo la nostra sensazione di assistere al continuo tentativo, da parte di alcuni giornalisti o testate giornalistiche, di interpretare capziosamente il distacco emotivo mostrato da alcuni familiari delle vittime di reato rispetto ai fatti di sangue che li vedono, loro malgrado, coinvolti. Noi interpretiamo questa volontà di prendere le distanze motivata probabilmente da necessità di autoprotezione, invece notiamo che tutto ciò viene strumentalizzato e banalizzato forse per tre obiettivi:
Inoltre, in modo superficiale e irrispettoso viene poi continuamente proposto il tema del perdono. A mio modesto avviso il perdono riguarda una sfera strettamente personale su cui non è possibile trarre conclusioni o condizionare prese di posizione. E’ necessario, in ogni caso, l’assoluto rispetto per scelte individuali.
Rispettiamo il principio di pena tendente alla rieducazione, in ossequio alla nostra Costituzione, tuttavia siamo conviti che tale rieducazione dovrebbe fondarsi innanzitutto su una reale comprensione del disvalore delle proprie azioni, con conseguente pentimento.
Peraltro, ci pare di notare un utilizzo strumentale di argomenti così delicati, quali la morte causata da fatti di sangue e il perdono dei familiari delle vittime, con lo scopo di ostracizzare la nostra reiterata richiesta di certezza della pena e della sua esecuzione per coloro che si sono macchiati di gravi reati e di impedire l’accoglimento della nostra domanda di far partecipare le vittime, in via facoltativa e non obbligatoria, al procedimento penale come parte sostanziale.
Riteniamo che entrambe le richieste l’una volta al distacco totale dal processo penale e dalle implicazioni psicologiche conseguenti e l’altra alla partecipazione attiva, siano legittime e tra loro non in opposizione, perché rappresentano appieno lo stato in cui si viene a ritrovare la vittima di reato, a cui, crediamo, debba essere data la possibilità di decidere in assoluta autonomia.
Poiché ad oggi non ci è chiaro il pensiero di tutti Voi sull’argomento e ritenendo opportuno avere un riscontro da parte di ogni singolo associato, ci siamo determinati a chiedere il vostro parere alle seguenti domande:
Vi chiediamo per favore di rispondere quanto prima in modo collaborativo perché interpelleremo tempestivamente il Corriere delle Sera affinchè dia spazio alle Vostre posizioni.
Speriamo in riscontri numerosi e propositivi. Grazie di cuore
Cordiali saluti
Emanuela Piantadosi
Presidente Associazione di volontariato Vittime del Dovere
Biografia del Prof. Vittorio Bachelet tratta dal sito dell'Aiviter
www.vittimeterrorismo.it/vittime/vittorio-bachelet/
Sostieni l'associazione!
Fai una donazione con