La decisione del giudice contro la richiesta dell'associazione Vittime del Dovere
L'Associazione ‘Vittime del Dovere’ si è appellata al Tar del Lazio (sezione Prima Quater, presidente Alessandro Tomassetti) contro il diniego di accesso agli atti mirante ad acquisire l’elenco dei detenuti scarcerati o in corso di scarcerazione in regime di alta sicurezza o in 41 bis contro il Ministero ma per il giudice il ricorso è da “rigettare”. L’associazione si è appellata al diniego presentando ricorso contro il Ministero della Giustizia.
Andiamo con ordine: l’associazione ‘Vittime del Dovere’, è una organizzazione apartitica e senza fini di lucro, attiva su tutto il territorio nazionale, che persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale (i cui soci ordinari sono esclusivamente vedove, orfani, invalidi e genitori di appartenenti alle Forze dell’ordine, Forze Armate e Magistratura, caduti o rimasti invalidi nel contrasto alla criminalità comune, alla criminalità organizzata e al terrorismo). Che a seguito della entrata in vigore del decreto legge 17 marzo 2020, nel pieno della emergenza epidemiologica, determinata dalla pandemia di Covid-19, veniva consentita una procedura semplificata per la concessione della detenzione domiciliare a condannati, anche per reati gravissimi e tra questi anche a quelli sottoposti a regime detentivo di “alta sicurezza” e a regime detentivo ristretto.
A questo punto il dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria inviitava i Direttori degli istituti penitenziari a segnalare, in ragione di un elenco di patologie indicate, le situazioni di incompatibilità con il regime carcerario e che, secondo quanto appreso dalle notizie stampa acquisite, in molti casi le scarcerazioni sarebbero state disposte senza neppure la precauzione dell’utilizzo di dispositivi di controllo a distanza (braccialetto elettronico).
E quindi l’associazione ha impugnato il diniego opposto dal Ministero della Giustizia sull’istanza di accesso agli atti presentata con atto in data 24 aprile 2020 (inoltrata oltre che alla amministrazione centrale - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria anche ai diversi istituti penitenziari di Italia). L’associazione sottolinea di essere “titolare dell'interesse alla tutela delle vittime e della loro sicurezza” e quindi aveva chiesto l’elenco delle scarcerazioni e dei carcerati “per il pericolo di pregiudizio delle vittime per le possibili condotte ritorsive dei detenuti scarcerati, per scongiurare le quali si può rendere necessario e urgente la richiesta di adozione di misure precauzionali, in difesa della di loro sicurezza, tenuto conto che, fra le vittime vi sono anche molti appartenenti alle forze dell’ordine, che hanno contribuito alla cattura dei detenuti, oggi scarcerati”. E quindi la richiesta di “acquisire i dati relativi ai detenuti, per i quali era stata disposta la scarcerazione, ovvero da scarcerare e in particolare, in relazione ai detenuti in regime di 41 bis e Alta Sicurezza”. Con annesso un documento “contenente nome e cognome del detenuto, con indicazione del tipo di reato, per cui è stato condannato, anni di reclusione secondo la condanna passata in giudicato, anno di decorrenza della carcerazione, data di scarcerazione”. Nella istanza veniva inoltre precisato che la richiesta documentazione era utile “alla tutela della incolumità e della sicurezza delle vittime di mafia, della criminalità organizzata e terroristica, in ossequio alle finalità statutarie dell’Associazione”.
All’istanza ha risposto positivamente anche l’istituto penitenziario di Aversa ma “il Dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria, negava il diritto di accesso agli atti”.
Per il giudice però non ci sono le condizioni per accettare il ricorso che infatti viene respinto: “Per l’istanza di accesso agli atti non sussistono i presupposti di legge sia in relazione alla insussistenza di un interesse giuridico particolare e concreto che giustifichi l’accesso agli atti, sia alla mancata legittimazione dell’Associazione al trattamento dei dati sensibili dei detenuti, sia in quanto per evadere la richiesta, l’Amministrazione avrebbe dovuto compiere un’attività di ricerca dei dati estranea a quanto previsto in materia di diritto di accesso”.
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