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25 FEBBRAIO 2022
Le Sezioni Unite risolvono la problematica della valutazione medico legale delle Vittime del Terrorismo, del Dovere, della Criminalità organizzata – Il commento dell’Avv. Andrea Bava

L'Associazione Vittime del Dovere pubblica alcune ulteriori precisazioni fornite in data 25 febbraio u.s. dall’Avv. Andrea Bava, in merito al comunicato che abbiamo redatto in data 24 febbraio 2022 (link).

"Le Sezioni Unite risolvono la problematica della valutazione medico legale delle Vittime del Terrorismo, del Dovere e della Criminalità organizzata.

Con 4 sentenze (6214/22, 6215/22, 6216/22, 6217/22) pubblicate ieri 24 febbraio 2022, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto la complessa questione della valutazione medico legale delle invalidità riportate dalle Vittime del terrorismo, del Dovere, e della Criminalità Organizzata.

Si tratta di una problematica importantissima, coinvolgendo, da una parte, sia coloro che sono stati fisicamente o psichicamente lesi, a livello permanente, da atti di terrorismo, o comunque in azioni dirette a contrastare o prevenire tale fenomeno (Vittime del terrorismo, appunto) sia coloro che siano stati lesi fisicamente o psichicamente a livello permanente da azioni attribuibili a Mafia, Camorra, ecc., (Vittime della criminalità organizzata), sia infine (ed è probabilmente la categoria più ampia) tutti coloro che rientrano nella nozione di Vittime del Dovere, nozione assai ampia che comprende, come vittime del dovere in senso stretto, tutti i pubblici dipendenti che siano stati lesi fisicamente o psichicamente a livello permanente in azioni di contrasto di ogni tipo di criminalità, soccorso, vigilanza infrastrutture civili o militari, tutela della pubblica incolumità (tutelando peraltro anche i privati cittadini che, collaborando con le forze dell’ordine, siano stati anch’essi lesi), e come “soggetti equiparati” i pubblici dipendenti che in missione di qualunque natura (nozione ormai associata dalla Cassazione a ogni compito possibile, compresa la carriera lavorativa stessa) abbiano riportato invalidità permanente per essere stati esposti a fattori di pericolo anomali (anche qui, la Cassazione ha attribuito tale natura a molte situazioni, ad esempio dalla esposizione prolungata ad amianto (Cass., sez. lav., 4238/19) o nanoparticelle in missioni estere (Cass., Sez. Un. 23300/16) che provochi malattie, fino ad arrivare a incidenti stradali (Cass., Sez. Un. 15484/16) , aerei (Cass., Sez. Un. 15485/17), tutelati ove l’evento sia legato a gravi malfunzionamenti, anomalie straordinarie, o anche a violazione di norme di sicurezza sul lavoro, Cass., sez. lav. 4238/19).

Mentre in caso di decesso ovviamente non si è mai posto il problema di calcolare una percentuale di invalidità indennizzabile, per chi abbia sia riportato una invalidità permanente da anni ormai si fronteggiavano due tesi.

La prima, più restrittiva, riteneva che il valore percentuale assegnabile dovesse essere desunto (utilizzando l’art. 5 apr 243/06) scegliendo il valore più favorevole tra quello desunto dalle tabelle di invalidità civile, e quello delle tabelle Inail del danno biologico.

La seconda, più favorevole per le Vittime, che invece considerava applicabile il dpr 181/09 che considera non due bensì quattro parametri, sostanzialmente spettando il miglior valore tra quello desumibile dalle tabelle di invalidità civile, dalle tabelle Inali, dalle Tabelle della pensionistica militare, con aggiunta poi (una volta determinato tale miglior valore) di un punteggio a titolo “danno morale”, a sua volta da quantificarsi entro i 2/3 del danno biologico.

I vari ministeri che (a seconda della appartenenza delle vittime all’una o all’altra Arma o Corpo) trattano questa materia hanno sempre preteso di imporre il primo sistema, più restrittivo, utilizzato peraltro in modo corrente dalle Commissioni Mediche incaricate di valutare le Vittime; tale posizione partiva dalla tesi secondo la quale che la norma di legge (art. 6 l. 206/04) che aveva prefigurato il dpr 181/09 con i suoi criteri più favorevoli intendesse riferirsi a sole 10 persone in Italia (così aveva opinato poi sia il Consiglio di Stato , Parere 2881/15, sia la Corte di Cassazione, III Sezione, 11101/20).

Per contro la giurisprudenza di merito si era schierata per la soluzione più favorevole per le Vittime: in particolare la Associazione Vittime del dovere , tramite il sottoscritto difensore che negli anni ha portato avanti una linea di azione davanti ai Giudici di tutta Italia onde raggiungere finalmente il riconoscimento della soluzione più favorevole, che fa in realtà anche quella più aderente al dato normativo, se correttamente interpretato.

Nel corso del 2020, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, è giunta anch’essa a esaminare la questione, giungendo a prendere atto essa stessa di una serie di “criticità” nel percorso argomentativo della decisione negativa della III Sezione e del parere del Consiglio di Stato su cui tale sentenza si era appoggiata, ma ritenendo fosse utile investire della questione le Sezioni Unite della Corte, e ciò sia per il rilevantissimo impatto economico per le casse statali che la soluzione più favorevole avrebbe comportato, sia per evitare un conflitto di orientamenti con la III Sezione.

Dal rinvio si è ora giunti alla soluzione delle Sezioni Unite, che, con le decisioni pubblicate ieri, hanno sposato in pieno la interpretazione più favorevole per le Vittime.

Le quattro decisioni, testualmente identiche, sono notevoli in primo luogo perché si rivolgono egualmente ed indifferentemente alle Vittime del Dovere, alle Vittime del Terrorismo, ed alle Vittime della Criminalità organizzata, ponendo fine, anche sotto tale profilo, a profili di discriminazione che, anche a livello di valutazione percentuale, si verificavano spesso tra l’una e l’alta categoria a parità di infermità.

In secondo luogo, viene cancellata la assurda distinzione tra vittime “vecchie”, ossia ante 2004, e “nuove”, venendo riconosciuta la parità di trattamento a prescindere dalla data dell’evento (si tratta, si noti, di normativa applicabile per eventi dal 1961 in poi, dunque di amplissima portata): la Corte non ha potuto che considerare assurda una distinzione anche per il fatto che per molte situazioni (ad esempio, eventi terroristici coinvolgenti cittadini Italiani all’estero) la copertura per eventi dal 1961 era intervenuta dopo il 2004, e sarebbe stato ingiusto tutelarli diversamente; anche il caso trattato da SS.UU. 6216/22 si prestava a dimostrare la paradossalità della tesi della tesi del Ministero, con una vittima di Nassirya ferita nell’attentato del 12.11.2003, ma con invalidità stabilizzatasi successivamente alla data di entrata in vigore della legge 206/04 che, stando al Ministero, sarebbe stata discriminata.

In terzo luogo, poiché un corollario della tesi del Ministero era che, se la norma valeva solo per 10 persone, solo per queste era ammissibile valutare un aggravamento, oggi tutti, sia coloro che hanno da anni un punteggio congelato su base non conforme ai giusti criteri, sia coloro che successivamente alla valutazione anno visto peggiorare la propria salute, potranno chiedere la valutazione delle infermità sulla base dei nuovi criteri, e dunque una rivalutazione anche solo tale profilo che passa dare luogo all’aumento dei benefici correlati.

La cosa più importante, infatti, è che ampliando la base di calcolo del punteggio è oggi più agevole raggiungere quegli “step” di punteggio percentuale di invalidità che danno luogo ai vari benefici (ad esempio, con il 25% spettano alle vittime sopravvissute gli Assegni vitalizi, con il 50% scattano tali assegni vitalizi anche per moglie e figli delle vittime del terrorismo, ecc.).

Insomma, la Corte di Cassazione con le sue Sezioni Unite si è ancora una volta segnalata come l’unico, vero, punto di riferimento interpretativo per cittadini, Giudici e Pubblici amministrazioni, con un intervento che, se da una parte effettivamente potrà portare a indennizzi più consistenti, dall’altro lato potrà portare alla diminuzione di un contenzioso che, con il suo carico di spese legali, tempi, organizzazione, probabilmente avrebbe continuato ad impattare sulla spesa pubblica ben più di quanto il pagamento dei giusti riconoscimenti potrà comportare."

Avv. Andrea Bava

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