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11 MAGGIO 2015
Il Tempo - Mio padre ucciso dalle Br. E la Boldrini mi mette il bavaglio

Parla Ambra Minervini, la figlia del giudice assassinato

stampa-iltempo-20150513-a.jpgAveva 25 anni quando suo padre, il giudice Girolamo Minervini, venne ammazzato dalle Brigate Rosse a Roma. Era il 18 marzo del 1980 e Ambra, la figlia del magistrato, si ritrovò senza il papà, ucciso dai brigatisti mentre su un autobus si recava al lavoro. Oggi Ambra, che fa parte dell’associazione «Vittime del dovere», di anni ne ha quasi 60, e considera lo Stato italiano indegno della memoria di suo padre. In una lettera al presidente della Camera, Laura Boldrini, la figlia del giudice spiega che ha deciso di non partecipare al Giorno della Memoria per il rispetto che deve a suo padre e sua madre; sottolinea che è «stanca di ascoltare discorsi di circostanza che offendono vedove, figli, genitori, fratelli e la memoria dei nostri morti»; ricorda che per ottenere la medaglia alla memoria per suo padre, la mamma «ha dovuto scrivere 15 lettere di sollecito, per vedersela consegnare, dopo circa due anni, in un’anonima saletta della prefettura»; e infine afferma che «dietro la cerimonia del 9 maggio c’è il vuoto più assoluto». Di lettere alla Boldrini, Ambra ne ha scritte due. Alla seconda nessuno ha mai riposto.

Ambra Minervini, in questi 35 anni lo Stato italiano si è dimenticato di suo padre e delle altre vittime del terrorismo?
«Per risponderle basterebbe ricordare che per avere le fotografie della cerimonia per la consegna della medaglia, abbiamo dovuto pagare cinque euro a foto. Ovviamente non lo dico per i soldi, ma questa è una mancanza di rispetto per la memoria di mio padre. Vorrei che le vittime del terrorismo fossero ricordate con dignità».

Lei e la sua associazione vorreste che le leggi impedissero agli ex terroristi di continuare ad avere i vantaggi che pure lo Stato gli ha concesso.
«L’anno scorso il sindaco di Ruvo di Puglia ha patrocinato la presentazione del libro dell’ex brigatista, mai pentita, Barbara Balzerani. Il logo del Comune era affiancato a quello della cooperativa della Balzerani, che è una stella a cinque punte. Va bene, lei ha scontato la sua pena, anche se si è fatta solo 20 anni a fronte di sei ergastoli, ma perché il patrocinio? Quando gli ho scritto, il sindaco non mi ha nemmeno risposto. E quanti altri terroristi hanno ottenuto il lavoro dalle istituzioni?».

Il Giorno della Memoria è però un modo per ricordare le vittime del terrorismo, quindi anche suo padre.
«È tutta una facciata, buttano fumo in faccia alla gente, vogliono dimostrare che rispettano la memoria, ma non è vero assolutamente niente. Quest’anno sono arrivata davanti al Senato, dove si è svolta la cerimonia, e non sono nemmeno salita. In passato sono persino rimasta senza posto a sedere. La verità è che nessuno bada a noi. Altrimenti perché mia madre, che aveva 80 anni ed era gravemente malata, è stata costretta a scrivere 15 lettere di sollecito e ad attendere due anni prima di ottenere la medaglia per mio padre? Ma ormai questa medaglia per noi ha un valore pari a zero».

Lei ha scritto a Laura Boldrini più di una volta.
«Sì, ed è stata una grandissima delusione. L’anno scorso le ho inviato una lettera il 2 marzo. Il giorno dopo mi ha fatto convocare immediatamente, così da imbavagliarmi prima che arrivasse il Giorno della Memoria. Mi ha detto di non potere garantirmi risultati, e va bene, ma mi ha anche promesso che mi avrebbe tenuto al corrente di tutto. Le avevo chiesto di sollecitare gli uffici preposti affinché rispettassero la legge che prevede il collocamento obbligatorio per determinate categorie. Non ho più saputo nulla. Una delusione grandissima».

Lei era giovane quando suo padre è stato ucciso, ma abbastanza grande per ricordare tutto.
«Nella mia mente è tutto chiaro, nitido. La cosa più tremenda è stata prendere in cura mia madre, che da quel giorno ha indossato la "divisa da moribonda", ha smesso di vivere. Mia madre è morta con lui. E ora lo Stato ci tratta così».

Luca Rocca

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