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06 SETTEMBRE 2010
Articolo pubblicato dal "Corriere della Sera :"No al film su Vallanzasca a Venezia- Va rispettato il ricordo delle vittime"

Cari Amici,

vi inviamo, di seguito alla presente, l’articolo pubblicato oggi 6 settembre 2010 nella prima pagina del "Corriere della Sera”.

Cordiali saluti

Associazione Vittime del Dovere

L'ASSOCIAZIONE DEI FAMILIARI

No al film su Vallanzasca a Venezia
Va rispettato il ricordo delle vittime

Non è ammissibile riscrivere la storia e una memoria collettiva dei fatti che riguardano spietati assassini attraverso le loro logiche

L'ASSOCIAZIONE DEI FAMILIARI

Caro Direttore, le scrivo a nome di numerosi familiari di servitori dello Stato, caduti o feriti per mano criminale, prendendo spunto dalla presentazione alla Mostra del cinema di Venezia di un film e di un libro che narrano le vicende di un assassino che ha terrorizzato la Milano degli anni Settanta, lasciando purtroppo sulla sua strada numerose vittime. Erano, alcune di loro, onesti tutori dell'ordine, trucidati a tradimento durante operazioni di servizio. Fanno parte della nostra Associazione di volontariato Vittime del Dovere i familiari dei poliziotti coinvolti tragicamente in questa scia di sangue.

Mi preme sottoporre all'attenzione dei lettori il fenomeno sempre più diffuso della produzione di libri, film e fiction che ripercorrono la vita di criminali e malfattori riletta talvolta in chiave «amarcordista», se non addirittura sentimentale; degli interessi economici che vi ruotano attorno, ma soprattutto del dolore che tutto ciò causa ai familiari delle vittime.

La difficoltà maggiore è quella di riuscire a conciliare il diritto di espressione, le esigenze di mercato e il rispetto per la memoria delle vittime. La libertà di espressione è un diritto sancito dalla Costituzione e non può essere messo in discussione in una società moderna ed evoluta. Sappiamo che pretendere sobrietà ed attenzione sugli avvenimenti dolorosi che ci riguardano non è possibile, ma intimamente lo speriamo e in modo mesto ci sentiamo di chiederlo.

I mercati editoriali, televisivi e cinematografici premiano da sempre le narrazioni di vicende scabrose. Bisogna però chiedersi se i diritti sopra menzionati, quello di espressione e quello di un libero mercato, non collidano con un altrettanto importante diritto: quello di onorare la memoria delle vittime, di servitori dello Stato che hanno pagato con la vita il loro attaccamento alle istituzioni. Inoltre dovrebbe essere tenuto ben presente il rispetto per i sentimenti dei familiari di coloro che sono stati uccisi per mano di criminali. Riteniamo non sia ammissibile riscrivere la storia, costruire una memoria collettiva dei fatti che riguardano spietati assassini attraverso i loro stessi occhi e secondo le loro logiche irrazionali e inaccettabili, prescindendo dalla verità.

Non è il sentimento di vendetta ad animare i nostri pensieri, ma solo il desiderio di giustizia. Necessario e fondamentale è il recupero previsto dal nostro ordinamento penitenziario per quanti hanno sbagliato, tuttavia il passato non si può e non si deve cancellare. I mass media hanno il grande potere di veicolare messaggi positivi ai nostri giovani. E, se è vero che rappresentare le vite sbagliate, come dice qualcuno, può avere una funzione educativa, dal nostro punto di vista riteniamo che le trasposizioni cinematografiche o letterarie che narrano le gesta di criminali, protagonisti di fatti di cronaca, edulcorate da dialoghi romanzati, dalla presenza di attori conosciuti e dalle ambientazioni studiate ad arte, costituiscano una pericolosa tentazione all'emulazione per soggetti particolarmente fragili o non ancora maturi. Sarebbe più formativo per i giovani e significativo per l'opinione pubblica conoscere la realtà di quelle famiglie che hanno avuto la propria vita spezzata. Perché quindi non parlare delle vittime? Perché non spiegare il dolore delle vedove, i disagi e le paure degli orfani, gli incubi dei feriti e il vuoto lasciato a tanti genitori che hanno perso un figlio in nome dello Stato?

Troppo spesso tutto questo viene dimenticato. Pensiamo non sia opportuno finanziare con denaro pubblico opere incentrate sulla figura di delinquenti, né tanto meno assegnare patrocini e supporti d'immagine da parte di enti pubblici. Non sono un giurista, ma mi limito ad osservare che in altri Paesi si è prodotta una risposta a questi temi. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, per esempio, recenti provvedimenti di legge prevedono che, qualora un criminale desideri rendere pubblici, attraverso libri, memorie o film, i delitti di cui si è macchiato, né il soggetto in questione, né quanti promuovono queste iniziative per fini commerciali ne possano trarre benefici economici. Pertanto, gli eventuali guadagni vengono versati integralmente o parzialmente, secondo le disposizioni di un giudice, in un fondo gestito dallo Stato. Come Associazione ci stiamo impegnando in questo senso, affinché anche in Italia si dia una definizione a questo problema.

Tornando alla vicenda che ha ispirato queste righe, cogliamo l'occasione per sottolineare che la frase «Parte dei proventi del libro sarà offerta da Renato Vallanzasca all'Associazione Vittime del Dovere», riportata nel libro «L'ultima fuga. Vita di Renato Vallanzasca», scritto da Leonardo Coen e Vallanzasca, non è frutto di alcun tipo di accordo con la nostra Associazione. Ci rammarica non essere stati interpellati prima della stampa e della distribuzione di questo libro; decisamente avremmo impedito la pubblicazione di quella dicitura. Riteniamo infatti paradossale pensare che un lettore possa intendere che ci sia stata un'intesa di natura economica tra noi e colui che ci ha tolto l'affetto dei nostri cari. No, non possiamo accettare anche questo affronto.

Desidero concludere ricordando i volti ed i nomi delle Vittime del Dovere, cadute per mano dell'uomo la cui parabola criminale verrà celebrata al Festival del Cinema di Venezia e di cui spero ci venga risparmiata la passerella sul tappeto rosso del Lido: Bruno Lucchesi, Giovanni Ripani, Luigi D'Andrea, Renato Barborini.

Onore e memoria siano sempre tributati a loro, non ai carnefici.

Emanuela Piantadosi
presidente associazione Vittime del Dovere
06 settembre 2010

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