L'Associazione Vittime del Dovere svolge da anni una copiosa attività di approfondimento e sensibilizzazione finalizzata alla conoscenza e allo studio dei fenomeni criminali e al contrasto della criminalità organizzata.
Un impegno quotidiano che si esplica, in contesti istituzionali, parlamentari, pubblici e didattici, attraverso:
Oggi si celebra per la prima volta ufficialmente, a seguito dell’approvazione della Legge n. 20 dell’8 marzo 2017, la «Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie». Riteniamo proprio oggi necessario fare una riflessione su quanto sta avvenendo in sede parlamentare in merito al regime detentivo a cui sono sottoposti coloro che negli ultimi decenni hanno seminato sangue e morte nel nostro Paese. In particolare ci riferiamo sia a quanto previsto dall’art. 41bis della Legge 26 luglio 1975 n. 354, sia al Circuito di Alta Sicurezza, regolamentato dalle Circolari del Dipartimento della Polizia Penitenziaria.
Attualmente è in trattazione una norma che potrebbe svuotare in modo subdolo ed inquietante il 41bis della sua funzione di isolamento e parimenti interessare il regime di Alta Sicurezza. Mettiamo in rilievo il passaggio saliente del Disegno di Legge di iniziativa Governativa, ora alla Camera dei Deputati, in attesa di approvazione dopo essere stato licenziato dal Senato in data 15 marzo 2017:
“ART. 85. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nell’esercizio della delega di cui al comma 82, i decreti legislativi recanti modifiche all’ordinamento penitenziario, per i profili di seguito indicati, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: (…) i) disciplina dell’utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari; (…)”.
Così come formulata la norma non escluderebbe la possibilità ai soggetti sottoposti al 41 bis di poter usufruire dei collegamenti audiovisivi e peggio ancora a quanti si trovano in regime di Alta Sicurezza, nemmeno citati. Già la nostra Associazione, in passato, si era espressa in merito. Proprio nel nostro comunicato stampa del 4 luglio 2016 e ripreso dall’Ansa in data 5 luglio 2016, ci eravamo espressi come segue: “In un Paese dove esistono emergenze sociali, dove i giovani faticano a trovare lavoro, dove molte vittime devono ancora avere giustizia e vivono un’esistenza segnata dal dolore, dal trauma e dal disagio, qualcuno pensa ai più efferati criminali della nostra Nazione, a coloro che hanno attuato la strategia del terrore, versando il sangue di tanti innocenti, molti dei quali servitori dello Stato. ‘Quali possono essere gli interventi sulla vita quotidiana di queste persone, ad esempio la garanzia che possano affrontare anche patologie e disagi psicologici e non solo psichiatrici’: queste le parole di Gennaro Migliore, Sottosegretario al Ministero della Giustizia, riportate da alcune testate giornalistiche, riferendosi alla rigidità del regime detentivo del 41 bis. Perché parimenti non sono nei pensieri del Sottosegretario i disagi psicologici causati da questi personaggi, alle Vittime rimaste invalide e ai familiari di quanti sono stati annientati senza pietà? Favorire poi la comunicazione con la ‘famiglia’ attraverso l’accesso a Skype per non interrompere i diritti fondamentali della persona? La proposta, fortunatamente smentita, merita, comunque, di essere segnalata a futura memoria. Non si tratta di alleggerire semplicemente una misura di prevenzione, ma di mettere consapevolmente i più sanguinari criminali in condizione di continuare a gestire il territorio direttamente dalle loro celle ‘di massima sicurezza’ consentendo una sorta di paradossale teleworking. Tutte le restrizioni previste dal 41 bis hanno lo scopo di impedire i contatti e i collegamenti con l’associazione criminale di appartenenza”.
n realtà con estrema sorpresa i lavori che prospettano l’utilizzo di strumenti audiovisivi da parte di soggetti condannati per mafia sono proseguiti incessantemente per oltre un anno e siamo alle battute finali, senza che si sia posta debita attenzione alle conseguenze. Riteniamo assurdo celebrare la giornata per le vittime delle mafie permettendo, d’altro canto, che i boss possano dettare le loro indicazioni alla “famiglia” attraverso skype o sistemi che permetterebbero loro di dare disposizioni comodamente dalle loro celle in modo paradossalmente legalizzato.
Altro che pizzini.
La nostra Associazione vuole lanciare un grido d’allarme affinché la politica, le istituzioni e l’opinione pubblica capiscano, fino in fondo, il pericolo a cui potremmo essere esposti. Inutile piangere le migliaia di vittime di mafia, senza intervenire immediatamente per denunciare la graduale demolizione di un sistema di detenzione e di isolamento che fino ad oggi è stato l’unico argine alla proliferazione del tumore mafioso.
Chiediamo pertanto rassicurazione e un intervento immediato del Parlamento affinché siano stabiliti dei limiti alla delega, così da mantenere intatto il regime del 41 bis escludendo espressamente l’utilizzo di collegamenti audiovisivi “per favorire le relazioni familiari” anche a coloro che sono sottoposti a regime di Alta Sicurezza
Lo dichiara Emanuela Piantadosi Presidente Associazione Vittime del Dovere.
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