Risarcimenti non pagati dopo 40 anni, assunzioni obbligatorie mai effettuate, borse di studio assegnate con 30 anni di ritardo. I tagli alla sicurezza hanno aggravato la difficile condizione delle famiglie di agenti vittime del terrorismo o del dovere. "Dal 2004 - dice Nicola Tanzi, segretario nazionale Sap - la situazioni dei parenti delle vittime è in fase di stallo, con numerose richieste di risarcimento non pagate"
Le testimonianze non mancano. «Le leggi ci sono ma non sono interamente applicate – per Mariella Magi Dionisi, presidente Associazione Memoria, che si occupa dei familiari di agenti vittima del terrorismo – il 10% circa dei risarcimenti deve essere ancora assegnato e pure ciò che è stato dato, circa duecentomila euro per ogni vittima, è stato consegnato a rate con riscossioni a ogni legge emanata in materia. Sono previste pure assunzioni obbligatorie per gli orfani: dovrebbero essere dirette e a chiamata, su titoli di studio, ma ci sono persone in attesa dal ‘98». Ancora più consistenti i ritardi per le borse di studio. «Mio figlio aveva 2 anni quando ha perso il padre – prosegue – la borsa è arrivata: ha 35 anni e 2 figli».
La situazione si complica per gli agenti uccisi in servizio ma non da terroristi. «La normativa prevede che le vittime siano classificate in base al tipo di criminale da cui sono state uccise – spiega Emanuela Piantadosi, presidente Associazione Vittime del Dovere – I parenti di un agente ucciso da un terrorista hanno più tutele, è assurdo. Chiediamo l’equiparazione. Il governo ci ha dato rassicurazioni e dal 2008 c’è un tavolo tecnico per studiare un testo unico». Stanchi di attendere i sindacati. «Occorrono procedure più snelle per accedere ai benefici – conclude Tanzi – abbiamo consegnato alcuni emendamenti a più gruppi parlamentari, non hanno fatto nulla. Torneremo presto a farci sentire con un’apposita campagna».
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