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15 MAGGIO 2017
PrimaDaNoi.it - A breve i boss mafiosi “aquilani” e “sulmonesi” potrebbero utilizzare Skype

ABRUZZO. I detenuti 41bis e nello specifico quelli dell’Aquila e quelli sottoposti al circuito di alta sicurezza nel carcere di massima sicurezza di Sulmona, potrebbero a breve comunicare con i familiari attraverso la tecnologia digitale quale ad esempio Skype.
A dare la notizia shock è Mauro Nardella, Segretario Generale Territoriale UIL PA Polizia Penitenziaria l’Aquila.
«Il governo sta rischiando di legalizzare l'evoluzione tecnologica dei pizzini per i boss della mafia», ha già denunciato da qualche settimana l’associazione ‘Vittime del Dovere’.
Il riferimento è al disegno di legge, di iniziativa governativa, approdato alla Camera dei deputati dopo il passaggio al Senato del 15 marzo scorso. La parte che "preoccupa" è l'articolo 85 alla lettera i: "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nell'esercizio della delega di cui al comma 82, i decreti legislativi recanti modifiche all'ordinamento penitenziario, per i profili di seguito indicati, sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: (...) disciplina dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire relazioni familiari".
Quindi ci sarà la possibilità anche per i detenuti al 41-bis di parlare con i familiari in video-conferenza? Oggi la legge 354 del 1975 prevede: "Colloqui nel numero di uno al mese da svolgersi a intervalli di tempo regolari e in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto (...). I colloqui vengono sottoposti a controllo auditivo e a registrazione (...); solo per coloro che non effettuano colloqui può essere autorizzato (...), solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto, comunque, a registrazione. I colloqui sono comunque videoregistrati".

Il nuovo disegno di legge sembrerebbe lasciare aperte diverse possibili interpretazioni sull'applicazione di collegamenti audiovisivi "per favorire relazioni familiari".
Emanuela Piantadosi, presidente dell'associazione "Vittime del dovere" - familiari di giudici, agenti e carabinieri deceduti o feriti durante lo svolgimento del proprio lavoro, mette in guardia: «così come è formulata la norma non escluderebbe la possibilità ai soggetti sottoposti al 41-bis di poter usufruire di collegamenti audiovisivi e peggio ancora a quanti si trovano in regime di Alta sicurezza, nemmeno citati». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, qualche settimana fa aveva rassicurato e dal Ministero erano pronti a garantire che «la possibilità d'introduzione di strumenti audiovisivi, Skype compreso, non potrà riguardare i detenuti al 41bis».
Ma nella seduta di qualche giorno fa la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha respinto gli emendamenti proposti dai parlamentari sensibilizzati dall’Associazione attraverso una relazione ad hoc e che faceva riferimento alle varie criticità presenti nel testo di legge.
In particolare si era sostenuto che la salvaguardia posta dall’inciso “fermo restando quanto previsto dall’articolo 41-bis” non supererebbe in maniera inequivocabile la prospettiva che questo tipo di comunicazione possa essere estesa anche ai soggetti del 41 bis e a quelli sottoposti all’alta sicurezza.
«Il pensiero condiviso- afferma Nardella- se da un lato non eccepisce il fatto che il diritto alla difesa e i contatti dei detenuti, in genere, con la famiglia, possono e devono essere garantiti, così come previsto dalla Costituzione, dall’altro non si può prescindere dalla sicurezza “per favorire le relazioni familiari” direttamente dal carcere.
Oggi apprendiamo anche noi con rammarico- continua il sindacalista- che le istanze, formulate con perizia e meticolosità, sono state tutte respinte. Per cui i baschi blu a breve potrebbero essere costretti a doversi sobbarcare anche l’onere di controllarsi le immagini e non certo al netto di responsabilità. Non sarebbe certo da escludere, infatti, la possibilità che attraverso le immagini, utilizzando appositi codici mimici, i boss possano lanciare messaggi ai rispettivi familiari eludendo così il principio cardine che aveva spinto il legislatore a rendere impossibile la comunicazione “criminale” attraverso l’attivazione del circuito c.d. 41 bis».

«TIMORE INFONDATO»
Ma la presidente della Commissione giustizia della Camera, Donatella Ferranti, assicura che come chiarito anche durante i lavori di Commissione, il timore dell'Associazione vittime del dovere è del tutto infondato: nel disegno di legge 4368, attualmente all'esame della Camera, afferma la parlamentare Pd , relatrice del provvedimento, «si prevede espressamente che i detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41 bis vengano esclusi dalla possibilità di utilizzo dei collegamenti audiovisivi, possibilità quest'ultima prevista per gli altri detenuti sia a fini processuali, sia per favorire le relazioni familiari».
Le nuove disposizioni, insomma, contenute nella delega «nulla modificherebbero in ordine alla disciplina attualmente prevista per il regime detentivo speciale di cui all'articolo 41 bis dell' ordinamento penitenziario».

«Ove il legislatore delegato si determinasse a prevedere forme di colloquio tra familiari e detenuti attraverso l'uso delle moderne tecnologie informatiche (si pensi a Skype), ciò avverrebbe sulla base delle attuali limitazioni previste per il 41 bis e per regime di massima sicurezza», conclude Ferranti.

Tratto da PrimaDaNoi.it

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