"Le carceri italiane sono fuori dal controllo della Polizia Penitenziaria e in molti casi vengono addirittura 'gestite' dalla criminalità": è quanto sta accadendo secondo i senatori Tito Di Maggio (DI) e Erika Stefani (LN), uno scenario a loro dire "inquietante", che hanno riportato in una interrogazione parlamentare rivolta al ministro della Giustizia di cui sono i primi firmatari.
"Il ministro della Giustizia ha l'obbligo di ripristinare la legalità, il rispetto delle regole e le finalità di rieducazione della pena, innanzitutto - ha spiegato Di Maggio in una conferenza stampa nella Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama - attraverso la rimozione del Capo del Dipartimento dell' amministrazione penitenziaria Santi Consolo, perché totalmente inadeguato al ruolo, se non causa di un vero e proprio sfascio. I luoghi di reclusione sono dei feudi in mano a dirigenti che rimangono nelle loro funzioni per anni, i quali piuttosto che incorrere in proteste o sanzioni disciplinari preferiscono scendere a patti con i detenuti più 'rappresentativi' e con le associazioni meglio introdotte nei vertici del Ministero della Giustizia".
"In questa legislatura, ma anche in precedenza - ha detto da par suo la senatrice Stefani - ci siamo battuti contro i provvedimenti cosiddetti 'svuota carceri'. Non solo, da molto tempo, anche in Commissione Giustizia, si continuano ad affrontare i problemi del nostro sistema carcerario partendo da presunti trattamenti disumani verso i carcerati e focalizzando l'attenzione quasi esclusivamente sotto il profilo della rieducazione. Il tema che si dimentica è che per molti condannati in via definitiva lo stato di restrizione si traduce in una sorta di corso di specializzazione nella criminalità".
Tra i presenti alla conferenza stampa anche la presidente dell'Associazione Vittime del Dovere, Emanuela Piantadosi, e il segretario generale del Sappe, Donato Capece. "Vogliamo risposte certe dal ministro Orlando - ha detto Piantadosi - anche perché non bisogna dimenticare che negli ultimi 10 anni abbiamo assistito al suicidio di 110 agenti della penitenziaria". "Oggi il carcere - ha affermato Capece - è un luogo pericoloso, perché li chi comanda sono i detenuti più pericolosi. Si sono inventati la cosiddetta 'vigilanza dinamica', obbligando ciascuno dei quasi 40mila agenti penitenziari a gestire tra i 100 e 120 detenuti".
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