L’Associazione Vittime del Dovere, Onlus nazionale con sede a Monza che rappresenta i familiari di appartenenti alle forze dell’ordine, armate e magistratura rimasti uccisi o gravemente feriti nella lotta alla criminalità comune, alla criminalità organizzata e al terrorismo, lancia un appello contro la riforma dell’ordinamento penitenziario voluta da Orlando e che il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha annunciato sarà approvata entro fine legislatura.
Secondo l’associazione, i provvedimenti oggetto del decreto indeboliranno il sistema giudiziario e carcerario: uno “svuota carceri” mascherato, fino alla rottamazione del 41bis. Lo ha fatto indirizzando una lettera alla stessa Presidenza del Consiglio, contestando punto per punto quanto, analizzato il decreto, l’associazione reputa un’insieme di benefici a vantaggio di appartenenti alla criminalità organizzata e a quella comune, seppur violenti. In sintesi la legge prevederebbe l’inclusione di condannati anche per reati gravi e mafia, tra i destinatari di benefici e agevolazioni, tra cui esecuzione pene alternative per madri con figli piccolo, possibilità di sospendere la pena per chi manifesta l’insorgere di gravi problemi psichici durante la detenzione e benefici a condannati per mafia con residui pena dai quattro anni con figli minori di dieci anni per necessità genitoriali.
Alla Direzione Nazionale Antimafia verrà inoltre tolto il potere di bloccare l’applicazione di benefici ai detenuti in virtù di possibili collegamenti con la malavita, le cui verifiche saranno invece demandate direttamente alle Procure territoriali. Su questo punto si è espresso il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, secondo il quale solo un pool centralizzato di specializzati può avere un quadro chiaro dei collegamenti con le cosche. Per chi verrà condannato a pene inferiori a quattro anni, la carcerazione non sarà più prevista. Inoltre la Polizia Penitenziaria dovrà verbalizzare in modo più puntuale e sistematico eventuali attività di indagine e perquisizioni in cella. Infine, nei benefici relativi a permessi premio, lavoro esterno e affidamenti in prova, saranno inclusi anche condannati per riduzione in schiavitù, tratta di persone, prostituzione minorile, violenza sessuale di gruppo, pornografia minorile e associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. L’associazione vittime del dovere, per avere una visione d’insieme più oggettiva possibile, recependo le valutazioni di esperti del diritto interni alla Onlus e le osservazioni del Procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, ex direttore ufficio detenuti intervenuto in Commissione in Senato, a gennaio ha chiesto al Dipartimento di Giustizia Minorile e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria i dati del tasso di recidiva nelle carceri, relativi agli ultimi dieci anni, sentendosi rispondere che in dati non ci sarebbero affatto. Secondo Ardita, il decreto potrebbe incidere anche sul 41bis, ovvero “trasformandosi in un possibile varco attraverso il quale una abbondante fetta di detenuti di mafia uscirebbero dal regime speciale”. E, ancora “la norma pone seri problemi di ordine pubblico, nella misura in cui consente a esponenti di mafia, anche pericolosi, di ottenere la possibilità di uscita dal carcere al determinarsi di condizioni impeditive del ruolo della madre”. Secondo Ardita infine, ai cambiamenti al regime carcerario imposti dall’Europa, mancherebbe “qualunque connessione tra le opportunità previste per i detenuti attinenti ai maggiori spazi da fruire, a intrattenimento, ad affettività e la risposta alla proposta di rieducazione”. Un sistema che, se non bilanciato “pure le disposizioni ispirate da sacrosante intenzioni di civiltà rischia di accreditare una rieducazione autogestita, sindacalizzata, imposta agli operatori, produttiva di pretese che si scontrano con la realtà della scarse, o inesistenti, risorse”. Conclude la Onlus, che si aspetta la riforma venga bloccata “informare e comunicare in periodo di campagna elettorale è quanto mai difficile, il rischio di essere tirati da una parte all’altra è costante e pericoloso. Ci sono questioni, però, che non hanno colore, non hanno appartenenza, non hanno cittadinanza o tessere di partito. Ci sono questioni di cui ciascun cittadino deve essere informato perché deve sapere cosa succede nel Paese in cui vive”.
Con queste parole, contenuto di una lettera che verrà divulgata nelle prossime ore, la direzione esprime totale disapprovazione per la riforma: “scoprire che il 22 febbraio il Governo Italiano, organo esecutivo in una Repubblica Parlamentare dove le Camere sono state sciolte e che dovrebbe limitarsi, anche per tale ragione, a svolgere l’ordinaria amministrazione, voglia invece approvare una riforma dell’ordine penitenziario che consentirebbe condizioni di indebito privilegio e beneficio a criminali, mafiosi, terroristi e delinquenti della più diversa specie, è una grave offesa”. Prosegue la missiva “consentire la liberazione, ma anche solo un qualsiasi benefici a favore degli assassini dei nostri cari, è un tradimento dello Stato, delle sue leggi ed alle sue fondamenta”. E ancora “vogliamo pensare che tutto questo sia una leggerezza politica, un errore di valutazione fatto da portaborse o stagisti durante la confusione dei comizi e delle riunioni elettorali, altrimenti le coscienze di chi ha voluto tutto questo non avranno tregua, ci troverete ad affrontare chiunque e qualsiasi cosa per far si che la giustizia vinca”. Poi la lettera si conclude “ci sono delle regole, spesso non scritte, che stanno al disopra di ogni cosa. Sono le fondamenta degli Stati civili, dei Paesi dove chi rappresenta le Istituzioni e per esse muore è il bene, il resto è il male. Guarderemo negli occhi il politico di turno che si batterà il petto accostandosi, a seconda del giorno o del vento, a valori che non gli appartengono. Saranno sguardi di disprezzo di tutti gli italiani onesti che credono in questo Paese e nelle sue Istituzioni”. Infine “si prenda la strada della ragione, quella istituzionale del buon senso e del rispetto dei principi a fondamento di questa Repubblica. La strada che hanno percorso Falcone e Bersellino, Dalla Chiesa e Chinnici, ma anche Libero Grassi, Don Puglisi, Schifani, Basile e le centinaia di vittime del dovere di questo smemorato e ingrato Paese. Siamo ancora in tempo”.
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