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27 GENNAIO 2019
CefaluNews - Domenico Barranco, un eroe da riscoprire: il giovane carabiniere ucciso dalla mafia

Quasi sempre la storia ci narra le gesta degli eroi di tutti i tempi, senza la quale non potremmo comprendere  come si è giunti al presente. Esistono tanti eroi, senza un nome e senza un volto, che danno lezioni di vita nel quotidiano e che a volte, quasi per uno scherzo del destino, vengono alla luce anche a distanza di decenni dalla loro morte e, non ricordarli, sarebbe come ucciderli due volte! Quella che vi voglio raccontare è la storia di un carabiniere, Domenico Barranco, morto in un conflitto a fuoco con due pregiudicati il 18 maggio 1955 a Cattolica Eraclea, nell’agrigentino.

Ma, partiamo dalle origini….. Tutto ebbe inizio il 2 gennaio 1922, quando nacque per la felicità di mamma Rosaria e di papà Salvatore, il piccolo Domenico. Trascorse la gioventù insieme ai tre fratelli, Carmela, Giuseppa e Giuseppe, facendo il contadino  fino all’età di 19 anni, quando si arruolò nell’Arma dei Carabinieri. Il 12 ottobre 1941 fu chiamato alle armi come allievo carabiniere ausiliario della Legione allievi carabinieri di Roma, con la ferma ordinaria di leva, per poi essere promosso carabiniere effettivo il 7 gennaio 1942. Dopo 4 anni di guerra, finalmente nel marzo 1945, il giovane poté tornare a casa in licenza per pochi giorni. Successivamente fu incaricato di prestare servizio a Favara, in provincia di Agrigento, fino al tragico momento della sua morte.

A seguito della denuncia di un possidente di Cattolica Eraclea che aveva ricevuto una lettera minatoria con l’ingiunzione di portare una grossa somma di denaro, venne predisposto un servizio di appostamento, per cui due carabinieri in borghese si sarebbero nascosti vicino alla zona indicata  dai malviventi per la consegna del denaro, mentre il resto della squadra avrebbe aspettato poco lontano. A partecipare a questa operazione furono chiamati i carabinieri di Favara,  tra cui Domenico Barranco, a cui venne affidata la posizione ravvicinata. All’arrivo degli estorsori, i due carabinieri uscirono dal nascondiglio per procedere all’arresto, ma uno dei malviventi sparò, uccidendolo. Era il 18 maggio 1955.

Oggi, Domenico Barranco, figura tra le vittime di mafia nell’adempimento del proprio dovere, poiché il suo  assassino era pregiudicato per reati di mafia, e riconosciuto “medaglia d’argento al valor civile”, con la seguente motivazione: ”Durante un servizio di perlustrazione, avvistati due individui  che avevano compiuto poco prima un’impresa delittuosa e che tentavano di allontanarsi con la refurtiva, si lanciava arditamente per primo al loro inseguimento e, malgrado fatto segno da colpi d’arma da fuoco, proseguiva coraggiosamente nella sua azione. Gravemente ferito da un colpo trovava ancora la forza di reagire col fuoco della sua arma fino a quando si abbatteva esamine al suolo. Mirabile  esempio di dedizione al dovere, spinta fino al sacrificio della vita”.

Dopo  59 anni dalla sua morte ed in occasione della ricorrenza  storica del 200° anniversario dell’arma dei carabinieri, il paese di Cattolica Eraclea gli intitolò la villetta comunale di via Collegio, ponendovi una lapide commemorativa che riporta la motivazione della medaglia d’argento al valor civile. L’eroe Barranco è stato ricordato anche  nel libro  “La storia dell’arma dei Carabinieri  all’ombra dei Templi di Agrigento “ di Paolo Cilona, presentato in occasione del bicentenario. Anche Cefalù, suo paese natale, volle ricordare il gesto eroico del carabiniere, partecipando numerosa al suo funerale che il maestro Franco Turdo permise di proiettare alla città, per onorare la sua memoria. Anche il Circolo filatelico numismatico “Gioacchino Arcuri”, nella persona dell’architetto Pietro Piazza, ha proposto l’annullo postale in sua memoria.

Durante la  cerimonia di commemorazione, alla presenza delle più alte autorità dell’Arma dei Carabinieri, dell’associazione “Vittime del dovere” di Monza,  si è voluto sottolineare come,  anche Domenico Barranco, nato negli anni venti del novecento, dopo aver combattuto per l’affermazione degli ideali di democrazia e di libertà, continuava a spendersi ogni giorno per la ricostruzione materiale e morale di una nazione devastata dagli orrori della guerra. In una Sicilia offesa ed umiliata dalla violenza della criminalità organizzata, dal sopruso e dalla sopraffazione  nei confronti dei più deboli, aveva scelto di indossare con fierezza una divisa che rappresentava il simbolo più evidente dello Stato Italiano, della presenza delle Istituzioni, dei valori di legalità e giustizia. Ispirandomi  a questo messaggio, immortale ed universale nel tempo, mi rivolgo alla mia generazione, sottolineando che storie come queste possono solo farci comprendere che dobbiamo essere orgogliosi di essere figli di questa terra, di non allontanarci mai da quei valori di solidarietà, di legalità e di rispetto dei diritti umani che, oltre a nobilitare la nostra comunità, possano essere da esempio per le generazioni future. Auguriamoci che, presto, anche Cefalù, paese natale di Domenico Barranco, possa riconoscere, mediante l’ intitolazione di una via o di una piazza,  il suo sacrificio, visto che, nonostante sia stata fatta una petizione, nel giugno 2015 con la raccolta di più di 1500 firme, ancora oggi si aspetta la giusta onorificenza.

Tratto da CefaluNews.org

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