L’uccisione nella piazza principale di Cagnano Varano (Fg) del Maresciallo maggiore dei Carabinieri Vincenzo Carlo Di Gennaro, 46 anni vicecomandante della stazione Carabinieri di Cagnano , ha scosso un’intera comunità. A freddare al militare un pregiudicato (per droga) che gli ha sparato mentre era in auto con il collega Pasquale Casertano, ferito lievemente.
Ancora per poco celibe, Di Gennaro avrebbe dovuto sposare la compagna tra pochi mesi, non lascia figli. Un uomo che faceva sempre il proprio dovere, così lo descrivono colleghi e amici. Un’altra vittima nel lungo elenco dei caduti per dovere e anche per questo il caso del carabiniere è stato preso a cuore dall’associazione Vittime del dovere.
Tra gli iscritti all’associazione uno dei rappresentanti è amico d’infanzia del maresciallo deceduto, Mauro Nardella, sindacalista e poliziotto della Penitenziaria, di stanza a Sulmona (Aq), originario di San Severo (Fg): “La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno a scompaginare il mio ideale di vita. Ottima persona e splendido servitore dello Stato nonché rispettato concittadino e compagno d’infanzia, Vincenzo raccoglie il risultato di una serie di norme nel campo della certezza della pena che sarebbe opportuno, così come evidenziato più volte da svariate associazioni, rivedere. Egli era veramente una splendida persona e buono con tutti. Assicurarvi che quelle che scrivo non sono parole di circostanza, di Vincenzo non si può dire altro che bene. Il fatto che fosse un ottimo rappresentante dello Stato non è frutto del caso. A San Severo, terra di mafia garganica, non si può non diventare ottimi rappresentanti dell’ordine qualora sia questa la scelta intrapresa. Il territorio nel quale siamo cresciuti, infatti, seppur pullulante di tanta brava e onesta gente, considerata la presenza di quella che molti ritengono essere una delle mafie più insidiose, quella foggiana o garganica che dir si voglia appunto, rappresenta un’ottima palestra per diventare bravi poliziotti e ottimi carabinieri. Un campo di allenamento, quello del territorio Nord pugliese che ho praticato di persona e che mi ha permesso, seppur vestendo i panni di poliziotto penitenziario, di costruire lo stesso identico genoma anticrimine di Vincenzo e di tutti i rappresentanti delle forze armate provenienti dalla Puglia. Emanuela Piantadosi, presidente dell’associazione Vittime del dovere,di questa tipologia di delitti porta i segni visto che suo padre Stefano fu vittima, anch’egli maresciallo dei carabinieri, di un efferato delitto per mano di un altro pregiudicato. Con la presidente faremo in modo, (cosi come stiamo facendo da anni nei confronti di tutte le vittime del Dovere – non ultimo proprio il papà di Emanuela al quale abbiamo voluto intitolare il premio nazionale che ogni anno assegniamo alla memoria di una vittima del dovere), che la memoria di Vincenzo non cada, come spesso accade, nel vortice insidioso dell’oblio. Credo rappresenti il minimo che si possa fare per ricambiare il suo elevato senso del Dovere e la voglia che da sempre ha avuto di difendere dai malvagi le persone perbene e tante ce ne sono proprio nella terra che l’ha visto soccombere” conclude Nardella.
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