“Non possiamo assistere a questo buonismo, a questo perdonismo generalizzato senza tener conto del sacrificio dei nostri cari, senza tener conto dei nostri sentimenti” prova ad arginare un passaggio ai mafiosi non collaborativi con la giustizia e mai pentiti la presidente dell’associazione Vittime del dovere, Emanuela Piantadosi, in riferimento alle ultime sentenze pronunciate in materia di ergastolo ostativo e chiede coraggio ai tantissimi che seguono il seminario di criminologia Le mafie estere in Italia e la loro radicalizzazione, all’Universita dell’Aquila, nell’aula Alessandro Clementi del dipartimento di Scienze umane perchè la cultura riprenda lo spazio occupato spesso dalla criminalità.
Tra gli intervenuti a questo ottavo appuntamento sulla legalità Giuseppe Governale, direttore della Direzione investigativa antimafia (Dia) e Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia (qui l’intervista). “Quest’anno abbiamo avuto una lunghissima scia di sangue degli appartenenti alle istituzioni – dichiara in apertura del seminario di criminologia la presidente dell’associazione Vittime del dovere, figlia del Maresciallo Stefano Piantadosi ucciso nell’80 da un ergastolano in permesso premio e aggiunge – Le mafie stanno diventando sempre più pervasive e subdole. Si sono infiltrate molto bene nella politica e dobbiamo denunciarlo, dobbiamo reagire come cittadini. Come familiari delle vittime, denunciamo il fatto che ci sia grande attenzione per gli autori di reato e meno per le vittime” non piace il tentativo di depenalizzare o dare sconti di pena, permessi premio in base alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e poi della Corte costituzionale creando di fatto le condizioni che permetteranno” in qualche modo, a persone che si sono macchiate di reati gravissimi, si poter fruire di permessi premio pur non collaborando” spiega Piantadosi. “Aver tolto quella che era una una struttura blindata ed esporre un magistrato di sorveglianza a dover decidere se concedere o meno un permesso a un boss della criminalità organizzata, un terrorista o comunque una persona che si è macchiata di gravi reati, è una responsabilità gravissima che viene riversata sul giudice di sorveglianza” spiega Piantadosi che nei convegni organizzati dall’associazione e con l’aiuto di grandi professionisti cerca di sollevare l’attenzione su questo tema, migliorando le cose, sensibilizzando anche il ministero della giustizia a dare valore e attenzione al sacrificio dei familiari.
Onorato di ospitare un evento così importante, il Rettore dell’Università dell’Aquila, Edoardo Alesse, sull’argomento mafie aggiunge un importante contributo: “Noi una volta eravamo esportatori di questi fenomeni e oggi ci ritroviamo ad importare e a vederli, forse in alcune circostanze, valorizzati sul nostro territorio dall’interazioni con le comunità delinquenziali locali. Questo è davvero preoccupante.. l’Università può fare cultura, può formare i cittadini affinché essi siano baluardi nei confronti degli eventi devianti” dà una indicazione il Rettore.
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