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La stampa e la TV
13 FEBBRAIO 2020
Corriere della Sera, Bergamo - Emanuele Anzini, il carabiniere travolto e ucciso a Terno, lettera della figlia: «Ora chiedo giustizia»

Sara Anzini: «Mi manca da morire. Chi non rispetta la legge e si mette al volante ubriaco, deve sapere che non se la caverà con poco»
di Sara Anzini (pagina a cura di Giuliana Ubbiali)

Domani (14 febbraio 2020) è prevista l’udienza preliminare per la morte dell’appuntato scelto Emanuele Anzini, 41 anni, travolto a un posto di controllo, a Terno d’Isola, la notte tra il 16 e il 17 giugno 2019. L’imputato, un cuoco di 35 anni, tre mesi di carcere alle spalle per questa vicenda, con l’avvocato Federico Riva ha scelto il rito abbreviato: deve rispondere di omicidio stradale e guida in stato di ebbrezza. L’Arma dei carabinieri aveva chiesto di costituirsi parte civile ma la Presidenza del consiglio dei ministri, su parere dell’Avvocatura dello Stato, non l’ha autorizzata. Si è costituita la sorella di Anzini, Catia, assistita dall’avvocato Francesca Pierantoni. L’hanno fatto anche l’Associazione italiana familiari delle vittime della strada e l’Associazione sostenitori e amici della polizia stradale. La figlia di Anzini, Sara, di 19 anni, ci sarà come parte offesa. Vuole diventare carabiniere, come il padre, caduto in servizio, aveva detto al funerale. Ieri ci ha inviato questa lettera in cui parla di tutto l’affetto che aveva per il suo «papi», invoca giustizia a voce alta e una pena esemplare che sia di monito perché altri carabinieri, padri, persone, non perdano la vita nello stesso modo su una strada.

Sono Sara Anzini la figlia dell’Appuntato Scelto Emanuele Anzini. Scrivo questa lettera perché non essendo parte integrante del processo non posso esprimere ciò che sento, ma in questo modo spero che arrivi il mio dolore, la mia rabbia, il mio sentirmi privata per sempre dell’amore di mio padre e questo sempre pesa come un macigno visto che ho solo 19 anni. Noi, un po’ per scelta e un po’ per le varie vicissitudini della vita, vivevamo separati, a tanti, e ora dico troppi chilometri l’uno dall’altra, ma adesso, terminate le scuole superiori, avrei avuto più possibilità di salire da lui. Incominciavo a sentire sempre più forte il bisogno di averlo accanto a me, ma purtroppo come tutti sappiamo questo non sarà più possibile.

Ho vissuto 19 anni separata da lui e adesso che avrei potuto viverlo di più non ne avrò la possibilità, tutto questo mi fa male, mi strazia il cuore, l’anima. Mi mancano le sue telefonate che aspetto ancora, ma che non arriveranno mai più. Le nostre cenette da soli. Mi mancano anche i suoi rimproveri, mi manca la sua voce, le sue risate e il non essere stati di più insieme. Ma io, anzi noi, avevamo tutto il tempo possibile davanti, tutta una vita finalmente insieme. Non avrei mai pensato che a 18 anni il mio giovane papi di soli 42 anni se ne sarebbe andato via per sempre da me. Per colpa di chi non ha avuto rispetto di sé stesso, per colpa di quel piede troppo premuto sull’acceleratore, per colpa di quel troppo alcool nel sangue, per colpa del suo «Non mi sono accorto di niente», la mia vita da quel giorno è diventata niente. Continuo ad immaginare i due fari della macchina che gli vanno incontro e i suoi bellissimi occhi che guardano per l’ultimo istante questa vita, che in una frazione di secondo si è trasformata in morte.

Lui era lì a fare il suo lavoro, il suo dovere, per proteggere noi da tutto questo. Ma quella maledetta sera non è riuscito a proteggere sé stesso e la sua esperienza non è servita a salvarlo contro chi, mettendosi al volante ubriaco fradicio, se n’è fregato che poteva uccidere, distruggere, cancellare per sempre la vita di tanti. Sì, perché quella sera non è morto solo mio padre, ma è morta anche una parte del mio cuore. Quelle maledette 2:53 di una calda nottata di giugno hanno strappato via un pezzo della mia vita che purtroppo per colpa di questa persona non potrò più avere. Da quel giorno penso sempre a come sarebbe stato il nostro futuro insieme. Papi mi manca da morire non sarà con me nelle tappe più importanti della mia vita. Non potrà sgridarmi mentre sbaglio e incoraggiarmi dopo una sconfitta, gioire per i miei successi. Non potrà prendermi per mano e accompagnarmi, se un domani mi sposerò e avrò dei figli non potranno mai conoscere il loro nonno. Non potrà più essere tutto ciò che era per me. Per questo spero che la tragica fine di mio padre non passi impunita. Voglio giustizia, grido giustizia. Non devono esserci queste morti, queste disgrazie. Non auguro a nessuno di essere svegliato alle 4 del mattino dai Carabinieri che vengono a dirti che tuo padre, mentre era in servizio, è stato ucciso, vedere la foto di tuo padre senza vita sull’asfalto. Lo strazio di mia zia appena saputa la notizia e mia nonna che ogni volta che la vedo è sempre più devastata dal dolore. Mi chiedo perché noi con la morte nel cuore dobbiamo accettare che questa persona non abbia alla fine ciò che merita. Non riesco ad accettarlo.

So che parlo con il cuore e non con le leggi ma forse è ora che queste leggi incomincino a fare paura, che queste persone prima di bere e mettersi al volante sappiano che non saranno graziati. C’è bisogno di leggi che diano giustizia a chi ha perso tanto, tutto e non leggi per favorire chi non le rispetta. Io voglio che mio padre non muoia una seconda volta, che chi ha distrutto la mia vita abbia una pena esemplare per chi ogni giorno, senza rispetto per gli altri e certo di cavarsela con poco, si mette al volante ubriaco. Spero che il mio grido di dolore arrivi e giustizia sia fatta: per me, per la mia famiglia, per i colleghi, per gli amici, ma soprattutto per il mio papi.

Tratto da Corriere della Sera, Bergamo

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