Sono definite vittime, perchè morte o rese invalide mentre svolgevano lavori per la collettività. Chiedono il rispetto delle normative e l’estensione dei benefici a tutto il personale sanitario
Partecipazione ai concorsi pubblici ed estensione dei beneficiari: in questi due ambiti arrivano le richieste pressanti dell’Associazione vittime del dovere, costituitasi nel 2007 per iniziativa di vedove, orfani e genitori di appartenenti alle forze dell’ordine, forze armate e magistratura, deceduti o rimasto invalidi nel contrasto alla criminalità comune, alla criminalità organizzata e al terrorismo. Attiva su tutto il territorio italiano, l’associazione rappresenta oltre 500 famiglie.
La categoria originaria delle «vittime del dovere» prevista dal Regio decreto 261/1921 è stata prima affiancata (legge 466/1980) dalla categoria delle «vittime del terrorismo» e delle «vittime della criminalità organizzata» poi sono sopraggiunte le misure di maggior tutela introdotte da ultimo dalla legge 206/2014 che prescrivono - tra l'altro - l’ aumento figurativo di 10 anni di anzianità contributiva in favore del coniuge e dei figli dell'invalido,anche se il matrimonio è stato contratto o i figli sono nati successivamente all'evento terroristico (comma 1-ter, dell'articolo 3 della legge 206/2004, introdotto dal comma 164 della legge 190/2014); ed il diritto immediato alla pensione diretta per le vittime con grado di invalidità pari o superiore all'80% anche in casi di posizione assicurativa obbligatoria inerente al rapporto di lavoro dell'invalido aperta successivamente all'evento terroristico;(articolo 4, comma 2, della legge 206/2004, come modificato dal comma 165, dell'articolo 1, della legge 190/ 2014).
Il comma 563 dell' articolo 1 della legge 266/2005 ha, anche, introdotto la categoria dei cosiddetti equiparati alle vittime del dovere individuando in essi coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali, e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.
In tempi di pandemia le richieste dell'Associazione arrivano forte e chiaro, e sono due - come detto - gli aspetti su cui è necessario soffermarsi. Il primo riguarda l'estensione dei benefici ai medici ed al personale sanitario deceduto o invalidato dal Covid, il secondo riguarda il collocamento mirato, ovvero quello introdotto della legge 68/99 e relativo all'inserimento e all'integrazione lavorativa delle categorie protette nel mondo del lavoro attraverso appunto l'iscrizione a particolari liste di collocamento, mirate a valutare il posto di lavoro più adatto alla situazione particolare in cui versa il soggetto.
«Sul primo punto, il riconoscimento di status al personale sanitario, non molliamo – ci ha precisato l'avvocato Sabrina Mariotti, responsabile dell’ufficio legale dell'Associazione vittime del dovere - Nel corso della trasformazione in legge del Dl 18/2020, Cura Italia, alcuni senatori avevano presentato degli emendamenti in tal senso che non sono andati a buon fine soprattutto per la necessità della rapida trasformazione in legge del decreto».
L'associazione chiede di riproporre la richiesta in un altro dei provvedimenti emergenziali che si stanno predisponendo, insistendo molto anche sull'altro tema dell'inserimento nel mondo del lavoro delle vittime del dovere. La legge 68/99, all'articolo 18 prevede che sia riservata «a chi ha lo status riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, numero 763, la quota dell'1% sul numero dei dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati che occupino più di 50 persone. Questa quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti».
«Una quota oltremodo esigua – prosegue l'avvocato Mariotti - perché nell'1% vanno ricomprese anche molte altre categorie di familiari e invalidi di servizio, del lavoro, orfani di violenza familiare, guerra e profughi. A questo poi si accompagna la constatazione del fatto ancora più grave che i bandi dei concorsi per la Pa, anche i più recenti, non prevedono quote di riserva né specifici titoli preferenziali per le vittime del dovere. Il prossimo maxi concorso per oltre 1500 assunzioni al ministero del lavoro non fa riferimento alcuno nel bando alle quote di riserva, che, ci è stato precisato dal ministero della Pubblica amministrazione e dal Dipartimento di funzione pubblica, saranno individuate solo al termine delle prove stesse».
L'associazione sottolinea che quindi è evidente il mancato rispetto degli obblighi normativi anche alla luce del fatto che un esame successivo comporterebbe solo un aumento ingiustificato di spesa, vista la duplicazione delle procedure.«A questo aspetto – conclude l'avvocato Mariotti - che investe la spesa pubblica, ve ne sono altri collegati alle eventuali procedure di selezione operate dai centri per l'impiego, di competenza del ministero del Lavoro. Anche in questo ambito, a parte la carenza di trasparenza e di informazioni, vengono selezionati solo profili bassi, limitando quindi le possibilità di accesso a coloro che per titoli potrebbero aspirare a posizioni più elevate».
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