Emanuela Piantadosi, presidente dell’associazione Vittime del Dovere: «Canale 5 domenica ha distorto la realtà Programmi così finiscono solo per giustificare i criminali». Di Alessandro Beltrami dal sito di Avvenire 7/12/10
Tre mesi fa, il 7 settembre. Barbara D’Urso ospitava a Pomeriggio Cinque Antonella D’Agostino, moglie di Renato Vallanzasca. Fuori infuriavano le polemiche suscitate dal passaggio a Venezia del film di Michele Placido, dedicato alle ’gesta’ del bel Renè. Non contenta di quel can can, domenica ha ripetuto lo schema, mescolando a Domenica Cinque come se niente fosse il caso di Yara, un talk show sull’esistenza dei miracoli, interviste a Dario Franceschini e all’attore di sceneggiati Brando Giorgi, mentre in studio un parente di Guendalina Tavassi del Grande Fratello , scendeva in scontro aperto con Remo, ex compagno della sorella.
«Mio marito è distrutto dal dolore e non chiede scusa perché ha talmente rispetto per le famiglie delle vittime che gli sembrerebbe di ucciderli di nuovo chiedendo perdono» ha detto Antonella D’Agostino in studio. E ancora: «È un peccato che in Italia non ci sia la pena di morte altrimenti questa storia sarebbe già finita». E mentre la D’Agostino raccontava la sua storia d’amore, l’incalzare delle notizie sulla sorte di Yara consentiva l’apertura di dirette drammatiche da Brembate e di ripescare in parallelo – nella speranza di fare ascolto – il caso ormai esausto di Sarah Scazzi.
Il passaggio tv della moglie di Vallanzasca ha ovviamente rinfocolato le polemiche. Preludio di quanto seguirà in occasione dell’uscita del film nelle sale il prossimo 21 gennaio. Proteste si sono alzate dall’associazione Vittime del dovere, che raccoglie i familiari dei membri delle forze dell’ordine caduti nell’esercizio del loro dovere, tra cui anche quelli dei poliziotti uccisi da Vallanzasca. «Eravamo stati invitati in trasmissione – ci ha spiegato Emanuela Piantadosi, presidente dell’associazione – ma abbiamo rifiutato perché contrari alla spettacolarizzazione del male, e ab-biamo mandato un comunicato con la preghiera di leggerlo al termine dell’intervista ». «Il tempo dedicato alla rappresentazione del crimine in tutte le sue sfaccettature da parte dei mass media è diventato troppo – si legge nel comunicato – Oggi vogliamo rivolgere un appello basta parlare di assassini in modo morboso, basta parlare delle loro aberrazioni, perché inconsapevolmente si giustificano e si accettano come possibili comportamenti assolutamente deviati. Si indirizzano i nostri giovani verso strade sbagliate». Visto il tenore del comunicato le cose non sono andate come sperato. «Il testo è stato letto dalla D’Urso in modo parziale durante l’intervista, sostenendo che la sua trasmissione non spettacolarizzava nulla. Ma ancora peggio la vicenda è stata trattata come una ’storia romantica’ conclusasi, con un colpo di teatro, con la dichiarazione d’amore in video di Val-lanzasca alla moglie».
«Noi non mitizziamo nessuno» ripeteva Barbara D’Urso: «Vallanzasca è in galera, paga e pagherà per quello che ha fatto». «Ma resta il paradosso assoluto – conclude Emanuela Piantadosi – di trattare due storie di morte in modo del tutto differente. Questo è un modo di fare televisione pericoloso, perché confonde bene e male».
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