Pietro Maso è persona tristemente nota alle cronache per aver ucciso i suoi genitori Il 17 aprile del 1991.
L’assassinio avviene a Montecchia di Crosara, paese in provincia di Verona, con l’aiuto di tre ragazzi.
Il movente?
Denaro.
Per finanziare una vita fatta di lusso, bella vita e feste notturne.
A fare notizia, oltre al delitto in sé, sono i diversi tentativi che precedono l’assassinio e il cinismo con il quale l’allora ragazzo gestisce l’impresa; il processo diventa un caso nazionale, con tanto di esperti del calibro di Vittorino Andreoli a occuparsene.
Pietro Maso viene condannato a trent’anni, che con l’indulto e gli sconti di pena per buona condotta sono diventati 22.
L’uomo lascia il carcere il 15 aprile 2013 e nello stesso giorno esce in libreria un libro scritto con la giornalista Mediaset Raffaella Regoli e pubblicato da Mondadori: “Il male ero io – Perché ho ucciso – Che cosa ho capito in questi anni” il titolo.
Dalle anticipazioni sembra che il libro dipinga il ritratto di un uomo pentito, dal lungo e travagliato percorso intimo e arrivato a una conversione religiosa.
Un uomo nuovo dunque, che ha scontato la sua pena e ha il diritto di rifarsi una vita: non possiamo che rallegrarcene.
Un uomo così potrebbe mai speculare sul suo crimine per trarne profitto, secondo te?
Ecco, per convincermi della conversione gli autori del libro dovrebbero dichiarare a chi andranno i diritti dalla vendita del libro: perché solo dalla notizia che saranno persone diverse da Pietro Maso e dai suoi familiari a goderne i frutti può venire un sostegno alla tesi del reale pentimento.
Purtroppo il silenzio su questo punto e la puntualità nell’uscita del libro hanno il sapore di una buona operazione di marketing, per vendere il libro a chi si pone domande solo quando viene colpito in prima persona da un lutto
Sarò felice di accogliere una smentita alla mia tesi.
Pietro Maso è il solo a trarre profitto dai crimini commessi?
No, purtroppo la lista è piuttosto lunga: in fondo alla pagina trovi il collegamento a tre articoli che ho scritto in passato.
Colgo anche l’occasione per ricordare che l’Associazione delle Vittime del Dovere (ONLUS che ha la missione di preservare la memoria dei caduti e dei feriti in servizio delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate ovvero di quanti, vittime di azioni criminose, hanno donato la vita per servire lo Stato) ha sollecitato a più riprese un provvedimento di legge che impedisca agli autori di reati di trarre profitto dalla narrazione delle loro azioni criminose: i proventi da queste opere sarebbero raccolti in un fondo gestito dallo Stato.
Il provvedimento è in attesa di approvazione da oltre due anni e mi auguro che il Parlamento possa occuparsene presto: noi seguiremo la questione e vi terremo aggiornati.
Tratto da Tibicon.net
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