Il Ragioniere generale: mancano i fondi anche per i morti «del dovere»
Lo Stato non ha soldi per le vittime di mafia
Il presidente della commissione antimafia Forgione: «Non possono esistere vittime di serie A e di serie B»
ROMA - Lo Stato non ha i soldi per risarcire le vittime della mafia. Lo sottolinea il Ragioniere generale Mario Canzio in una lettera al Parlamento. La proposta di legge in favore delle persone colpite dalla criminalità organizzata e mentre svolgevano il proprio dovere prevede una spesa molto inferiore a quella reale, e dunque non può essere approvata. Questo manda a dire il ministero dell'Economia al Parlamento, attraverso il Ragioniere generale Mario Canzio, con una lettera del 20 giugno scorso. Che si conclude con un verdetto dal tono definitivo: «In tale stato di cose, per quanto di competenza, il provvedimento non può avere ulteriore corso».
La questione è semplice e complicata insieme. Dovrebbe infatti essere scontato che come le istituzioni vengono incontro alle vittime «del terrorismo e delle stragi di tale matrice » attraverso i benefici economici sanciti da una legge del 2004, altrettanto dovrebbero fare con i parenti dei morti innocenti uccisi dalla mafia, o con i feriti rimasti invalidi. E così con le cosiddette «vittime del dovere a causa di azioni criminose, nonché ai loro familiari superstiti». Per sanare l'incongruenza, alla Camera è in discussione una proposta di legge che parifica il trattamento di queste categorie di persone a quello già garantito a chi ha subito attentati terroristici: in estrema sintesi, somme variabili per i diversi gradi di invalidità e un vitalizio di 1.033 euro mensili «ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni ». Ma la semplicità finisce qui. Il resto è affidato a complicati calcoli economici, e i conti non tornano. Secondo la proposta di legge, l'onere di spesa previsto è di 10 milioni di euro all'anno. Ma il ministero dell'Economia replica con ben altre cifre, anche per via dei nuovi casi che potranno verificarsi ogni anno: «Complessivamente 10 unità per le vittime della criminalità organizzata e dieci unità per le vittime del dovere», scrive il Ragioniere dello Stato, da aggiungere alle 500 «unità» già esistenti per mano di mafia, camorra e 'ndrangheta (400 morti e 100 invalidi) e 1.550 dell'altro gruppo (1.200 morti e 350 invalidi).
In realtà i calcoli del ministero sembrano effettuati sulle previsioni di cinque nuove vittime all'anno per ciascuna delle due categorie, ma restano lontanissimi dai 10 milioni previsti della proposta di legge. Solo nel primo anno di applicazione — considerati gli arretrati previsti dalla normativa — la spesa sarebbe di circa 223 milioni di euro, di 54 milioni per il secondo anno, e di 55 milioni per il terzo. Su queste basi, la conclusione di Canzio è categorica: «Con riferimento al triennio 2007-2009, nell'accantonamento di fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del ministero dell'Economia e delle finanze per l'anno 2007, non risultano risorse da destinare allo scopo». Per il ragioniere dello Stato la questione è chiusa.
Non per il presidente della commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione, deputato di Rifondazione comunista. È uno dei firmatari dei disegni di legge unificati nel testo in discussione alla Camera, e ha già parlato con il ministro dei rapporti con il Parlamento Vannino Chiti: «Gli ho espresso la mia incredulità. Come si fa a rispondere in maniera così fiscale e burocratica a un provvedimento che rimedia l'errore grave di non aver parificato il trattamento delle vittime della mafia a quelle del terrorismo? Non possono esistere vittime di serie A e di serie B». La burocrazia dice che i soldi non ci sono, ma Forgione insiste: «Si può pensare ad aggiustamenti e correzioni, ma non tollerare che ci si dica che la questione è chiusa. Addirittura pianificando un certo numero di nuovi morti all'anno, calcolati non si sa come. E poi non si tiene conto che ci sono aiuti regionali già previsti, e che chi ne usufruisce deve rinunciare all'aiuto statale. I conti si possono aggiustare, ma c'è un principio su cui non si può transigere: la mafia ha lo stesso carattere eversivo e di negazione della libertà e della democrazia del terrorismo. Per trattare materie come queste ci vuole una sensibilità che il ministro dell'Economia mostra di non avere; spero che non sia una caratteristica di tutto il governo».
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