Roma, 21 gennaio 2014 - Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione in relazione al ferimento di alcuni carabinieri in occasione del giuramento del governo Letta il 28 aprile 2013. Il pm aveva chiesto una condanna a 18 anni di carcere. La sentenza è stata emessa dal giudice Filippo Steidl.
A Preiti non sono state concesse le attenuanti generiche. La condanna a 16 anni di reclusione accoglie di fatto la richiesta della Procura, anche se il pm aveva chiesto 18 anni di pena. Il giudice ha disposto una provvisionale di 100mila euro
Luigi Preiti, il 28 aprile scorso ferì davanti a Palazzo Chigi quattro carabinieri, di cui uno in modo grave, Giuseppe Giangrande.
Anche altri due Carabinieri, Francesco Negri e Delio Marco Murighile, colpiti dal Preiti si sono costituiti parte i civili insieme a Giangrande, il ministero della Difesa e l’associazione ‘Vittime del dovere’.
“Chiedo scusa a tutti. Vorrei essere io al posto del carabiniere ancora in ospedale. Mi dispiace”. Luigi Preiti ha detto così nel corso di una dichiarazione spontanea davanti al giudice dell’udienza preliminare, prima della sentenza.
Presenti in aula, lo stesso Preiti e Martina, la figlia di Giangrande.
La sentenza del giudice Filippo Steidl sul caso di Preiti è arrivata dopo circa due ore di camera di consiglio. La figlia del carabiniere Giuseppe Giangrande, Martina, dopo la lettura del verdetto ha lasciato il tribunale di piazzale Clodio senza rilasciare dichiarazioni. In precedenza ai molti militari e rappresentanti delle forze dell’ordine e del’avvocatura che l’hanno riconosciuta e salutata ha spiegato che il padre è ancora in gravi condizioni di salute, intubato e tetraplegico.
“Ha perso il lavoro, poi il legame con la moglie, il figlio. E’ stato investito da un disastro umano e personale. Ha agito perché affetto da una cosiddetta ‘depressione maggiore’. Luigi Preiti aveva questa situazione. Attendiamo le motivazioni della sentenza, ma sicuramente faremo ricorso in appello”. Così i difensori dell’uomo. "C’è tanto che non quadra. Ci pare di aver notato che il giudice non abbia riconosciuto le attenuanti generiche che la stessa Procura aveva chiesto- hanno spiegato i legali- Il Gup ha tenuto conto solo delle riduzioni previste dal rito abbreviato. Evidentemente il Gup non ha tenuto conto della nostra consulenza tecnica, nella quale si è sottolineato come Preiti fosse affetto da una forte depressione e che questa patologia avesse inciso sulla sua volontà”.
MARTINA GIANGRANDE: SODDISFATTI - Martina Giangrande, figlia del brigadiere dei carabinieri rimasto gravemente ferito dai colpi di pistola esplosi da Luigi Preiti il 28 aprile davanti palazzo Chigi, ha stretto la mano ai difensori dell’imputato, gli avvocati Raimondo Paparatti e Mauro Danielli. “È stato un gesto spontaneo - ha detto Paparatti - nel corso delle udienze avevamo già espresso vicinanza nei confronti della famiglia Giangrande”.
“Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo”. Martina farà ritorno a Prato, dal padre che è ricoverato per problemi respiratori in ospedale “questa sera - ha detto - o al massimo domani mattina”.
UNA DOMENICA DI SANGUE - Una raffica di spari, urla, disperazione e poi il silenzio. Alle 11.34 del 28 aprile, improvvisamente la cronaca politica italiana si mischia con la cronaca nera. Al Quirinale è in corso il giuramento del governo targato Enrico Letta e a palazzo Chigi è tutto pronto per la ‘cerimonia della campanella’, il rito del passaggio di consegne dal vecchio al nuovo premier. In piazza Colonna, antistante alla sede del governo, c’è ancora poco via vai. L’attenzione mediatica e delle forze dell’ordine è ancora concentrata sul Colle e le piazze che circondano i palazzi della politica stanno per essere allestite. Un uomo, magro e con il vestito scuro, attraversa la collinetta di piazza Montecitorio, indisturbato.
E’ domenica e solo qualche turista e qualche bicicletta si frappongono tra lui e il suo cammino. Alcune transenne ostacolano il passaggio tra il palazzo della Camera dei deputati e quello del governo. E’ prorio in quel punto che quell’uomo, Luigi Preiti, disoccupato, calabrese, estrae la pistola e fa fuoco. L’agenzia LaPresse è la prima a dare la notizia. Il flash delle 11.34 è immediatamente rispreso dagli organi si stampa italiani e quelli di tutto il mondo. E’ sempre LaPresse a dare poi, per prima, anche la notizia della confessione di Luigi Preiti e della sua originaria intenzione di colpire i politici e di “fare una strage”.
LA SPARATORIA. Un proiettile colpisce Giuseppe Giangrande, brigadiere di 50 anni originario di Monreale, Sicilia, che cade a terra privo di sensi con una erita al collo. Un altro colpo ferisce a una gamba Francesco Negri, carabiniere scelto di 30 anni di Torre Annunziata. Un altro ancora tocca ma non colpisce un terzo carabiniere, grazie al giubotto antipriettile. La sparatoria dura pochi istanti anche grazie al rapido intervento dei colleghi dei due carabinieri feriti e del personale di sicurezza di palazzo Chigi. L’uomo è spinto a terra, disarmato e immobilizzato, mentre altri militari hanno prestato i primi soccorsi a Giangrande e a Negri, in attesa dell’arrivo delle ambulanze e dei medici.
CHI E’ LUIGI PREITI. L’autore dell’attacco viene identificato pochi minuti dopo la sparatoria. Si chiama Luigi Preiti, ha 49 anni ed è originario di Rosarno (Reggio Calabria), ma si è trasferito una ventina di anni fa a Predosa, in provincia di Alessandria. È sposato e ha un figlio di 11 anni, avuto da una seconda compagna dopo un divorzio. Era titolare di un’impresa individuale nel settore edile, che aveva accumulato debiti e crediti non riscossi. Preiti era partito per Roma nella mattina di sabato 27 aprile dalla stazione di Gioia Tauro. Sul treno era stato sottoposto a un controllo di routine da parte di due agenti della polizia ferroviaria, che non hanno notato nulla di strano. Arrivato alla stazione di Roma Termini intorno alle tre del pomeriggio, Preiti ha preso una stanza all’albergo Concorde nella zona dell’Esquilino. Il giorno dopo, domenica, passeggia a lungo per le vie del centro, poi verso le 11.30 raggiunge piazza Colonna e ha inizia a sparare.
LA CONFESSIONE. Direttamente dal letto dell’ospedale, Preiti, confessa al pm Piefilippo Laviani di essere venuto a Roma perché voleva “colpire i politici”. Durante il primo interrogatorio ammette di avere pensato a un “gesto eclatante”, “poi ho visto quegli uomini in divisa che per me rappresentavano le istituzioni. Loro stavano mettendo le transenne, non potevo passare. Per questo ho deciso di fare questa cosa. È stato a quel punto che ho deciso di sparare”. Preiti è rinchiuso da quel giorno nel carcere di Rebibbia: per lui l’accusa è plurimo tentato omicidio, porto abusivo di arma clandestina e ricettazione. A luglio il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani chiede il giudizio immediato per Preiti. I legali del 50enne, gli avvocati Raimondo Paparatti e Mauro Danielli, scelgono per il loro assistito il giudizio abbreviato, rito che in caso di condanna permette di avere uno sconto di pena fino ad un terzo. I penalisti però chiedono che tale giudizio sia subordinato allo svolgimento di una perizia psichiatrica sul loro assistito finalizzata a verificarne le capacità di intendere e di volere. Tale richiesta viene accolta l’otto ottobre dal gup Filippo Steidl che affida l’incarico l’11 dello stesso mese. L’otto dicembre l’esito delle verifiche mediche: Preiti era lucido, perfettamente padrone di sé, ma soprattutto non aveva alcuna intenzione di suicidarsi dopo l’attacco, come invece ha cercato di far credere.
Articolo tratto da: http://qn.quotidiano.net/cronaca/2014/01/21/1013776-sparatoria-chigi-pm-preiti.shtml
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