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Cronologia delle attività
08 GIUGNO 2022
Approfondimento dei 5 Referendum popolari abrogativi - sulla giustizia del 12 giugno 2022 - ex art. 75 della Costituzione, indetti con decreto del Presidente della Repubblica del 6 aprile scorso

Cari soci,

la presente per informarVi, in modalità esplicativa, del contenuto dei cinque referendum abrogativi - sulla giustizia - ex art. 75 della Costituzione, indetti con decreto del Presidente della Repubblica del 6 aprile scorso.

Ricordiamo che si voterà dalle ore 7.00 alle ore 23.00 di domenica 12 giugno 2022.

Il presente approfondimento prescinde da finalità politiche, ma ha esclusivamente valenza di contributo tecnico.

Referendum 1 - scheda di colore rosso (politici condannati)

Si prevede innanzitutto l'indizione del referendum popolare per l'abrogazione del Testo Unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto a ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi con il seguente quesito:

Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo Unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'art. 1, comma 63, della l. 6 novembre 2012, n. 190)?”

Esplicazione del contenuto

Con il presente quesito referendario si propone di eliminare le norme che prevedono l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di parlamentari, membri del Governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna penale definitiva. 

A cadere anche l’art. 8 e l’art. 11 che impone la sospensione per i condannati anche in via non definitiva, appartenenti agli organi regionali e locali e che ha suscitato alcuni dubbi. Le norme relative alla sospensione in virtù di condanne non definitive è in contrasto con l’art. 27 della Costituzione (i cittadini sono innocenti fino a sentenza definitiva) e in caso di annullamento della condanna di primo grado, le amministrazioni locali subirebbero comunque un danno a livello funzionale, stante la sospensione medio tempore subita dai suoi rappresentanti.

In caso di vittoria del sì, sarà cancellata la legge che ha introdotto il meccanismo di esclusione per legge dai ruoli politici dei condannati, poiché il quesito referendario colpisce l’intero impianto normativo, quindi non solo limitatamente alle ipotesi di sospensione per condanna non definitiva, ma coinvolgerà anche le ipotesi di condanna definitiva. Abrogando la norma, verrebbe sradicato l’automatismo previsto dalla legge, rimettendo ai magistrati il potere di valutare caso per caso, quando e se applicare ai politici l’interdizione dai pubblici uffici.

In caso di vittoria del no, la norma non verrebbe modificata permanendo l’impianto attuale che prevede sia l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna penale definitiva, sia la sospensione per i condannati anche in via non definitiva per alcuni reati gravi (come associazione mafiosa o reati contro la pubblica amministrazione), appartenenti agli organi regionali e locali. Non abrogando la norma, l’automatismo previsto dalla legge, potrebbe essere rimodulato solo dal Parlamento.

Referendum 2 - scheda di colore arancione (custodia cautelare)

Il referendum popolare interviene per limitare i casi in cui è possibile disporre l’applicazione delle misure cautelari, con abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p., in materia di misure cautelari e, di esigenze cautelari nel processo penale, con il seguente quesito:

“Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 274, comma 1, lett. c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni”?”.

Esplicazione del contenuto 

Con il presente quesito referendario si propone di modificare l’art. 274 c.p.p. che elenca i casi in cui è giustificato il ricorso alla misura cautelare: pericolo di fuga, inquinamento delle prove, commissione di altri delitti o reiterazione dello stesso delitto.

Il testo mira all’abrogazione dell’art. 274 comma 1 lett. c) del codice di procedura penale con riferimento alla parte in cui consente la custodia cautelare ( (come carcerazione preventiva, arresti domiciliari, divieto di dimora ecc.) se il pericolo riguarda la reiterazione del medesimo delitto e se il delitto prevede una pena non inferiore nel massimo a 4 anni ovvero, per la custodia in carcere, una pena non inferiore nel massimo a 5 anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti.

In caso di vittoria del sì, sarebbe possibile procedere alla privazione della libertà per il rischio di “reiterazione del medesimo reato” solo per i delitti di criminalità organizzata, di eversione o per i reati commessi con uso di armi o altri mezzi di violenza personale.

In caso di vittoria del no, la norma non verrebbe modificata consentendo al Giudice, su richiesta del pubblico ministero, di emettere una misura cautelare non solo per reati ritenuti più gravi dall’ordinamento ma anche per reati meno gravi ma sentiti a livello sociale (furto, la rapina e anche in alcuni casi di stalking, quando compiuti senza armi e senza mezzi di violenza personale).

Referendum 3 - scheda di colore giallo (separazione delle “funzioni” dei magistrati)

Si tratta del referendum popolare per la separazione delle funzioni dei magistrati, con abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati, con il seguente quesito:

“Volete voi che siano abrogati: l'Ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura”; la legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l'aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo alle funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, recante “Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in materia di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell'art. 1, comma 1, lett. b), della legge 25 luglio 2005, n. 150”, nel testo risultante delle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio alla funzione giudicante e a quella requirente e viceversa”; il decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante “Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'art. 1, comma 1, lett. a), della legge 25 luglio 2005, n. 150”, nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall'art. 2, comma 4, della legge 30 luglio 2007, n. 111 e dall'art. 3-bis, comma 4, lett. b), del decreto legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni in legge 22 febbraio 2010, n. 24, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti”; art. 13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all'interno dello stesso distretto, né all'interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall'interessato, per non più di quattro volte nell'arco dell'intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell'ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d'appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima."; art. 13, comma 4: "4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all'interno dello stesso distretto, all'interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento."; art. 13, comma 5: "5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche."; art. 13, comma 6: "6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all'art. 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art. 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa."; il decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: "Il trasferimento d'ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall'art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160."?».

Esplicazione del contenuto

Il referendum non riguarda la carriera dei magistrati, che rimane unica. Quando si parla di carriera, ci si riferisce propriamente al come si entra, come sono regolati gli avanzamenti, qual è l’organo che decide su avanzamenti e spostamenti; tutto questo rimane comunque comune.

Il quesito riguarda invece l’abrogazione di numerose disposizioni che oggi consentono ai magistrati di passare dalla funzione requirente (il pubblico ministero, che in un processo è il magistrato che rappresenta l’accusa) alla funzione giudicante (quella del giudice, che è invece chiamato a giudicare ed è dunque super partes) e viceversa. Questo imporrà al magistrato, ad inizio carriera, la scelta della funzione da svolgere.

 In caso di vittoria del sì, ogni magistrato dovrebbe scegliere all’inizio della carriera la propria funzione, requirente o giudicante, senza possibilità di cambiarla in seguito. Questo rafforzerebbe il principio della terzietà e dell’imparzialità del giudice, che “nascerebbe” come giudice, senza avere alle spalle un passato da pubblico ministero e da accusatore.

In caso di vittoria del no, la norma non verrebbe modificata, consentendo ai magistrati di passare da una funzione all’altra. Nell’ impianto normativo vigente tale opzione è attuabile per un massimo di quattro volte nel corso della carriera e occorre sottolineare che attualmente è al vaglio del Parlamento la riforma dell’ordinamento giudiziario ( www.senato.it ) che prevede la riduzione a quattro a uno della possibilità di passare di funzione.

Referendum 4 - scheda di coloro grigio (consigli giudiziari)

Il referendum popolare interviene, nello specifico quesito, sulla possibilità di partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari nonché sull’ abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte, con il seguente quesito:

“Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n. 150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di cui all'art. 7, comma 1, lettera a)"; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di cui all'art. 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?

Esplicazione del contenuto

La questione riguarda la possibilità che alle discussioni e alle valutazioni sulla professionalità dei magistrati prendano parte anche i componenti laici del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli Giudiziari.

Nello specifico, attualmente, la valutazione dei magistrati viene operata ogni 4 anni dal CSM, sulla base di pareri motivati (ma non vincolanti) elaborati dal Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dai Consigli Giudiziari. Tali organismi sono a competente mista: oltre ai magistrati ne fanno parte sia avvocati sia professori universitari in materie giuridiche. La componente laica partecipa all’elaborazione dei pareri ma non possono esprimere giudizi sull’operato dei magistrati.

In caso di vittoria del sì, si introduce la possibilità per i membri laici di partecipare alle votazioni del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari. Questo consentirebbe ad avvocati (che magari hanno avuto modo di incontrare nella loro professione il magistrato valutato) e professori universitari di esprimere giudizi sull’operato dei magistrati. Occorre rilevare che i pareri inviati dai Consigli giudiziari rimarrebbero non vincolanti per il CSM.

In caso di vittoria del no, la norma non subirebbe modifiche mantenendo di esclusiva competenza della magistratura la valutazione di professionalità del singolo magistrato. Nell’impianto normativo vigente potrebbe inserirsi l’attuale riforma dell’ordinamento giudiziario (www.senato.it) che attualmente è al vaglio del Parlamento. Le proposte formulate prevedono la possibilità che il consiglio dell’Ordine degli Avvocati presenti delle osservazioni sui magistrati appartenenti all’Ufficio di riferimento e che la componente degli avvocati presenti nel Consiglio Giudiziario esprima un voto unitario sulle osservazioni formulate dall’Ordine degli Avvocati.

Referendum 5 - scheda di coloro verde (Elezione del Consiglio superiore della magistratura)

Viene infine indetto il referendum popolare per l'abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, con il seguente quesito:

“Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 25, comma 3, limitatamente alle parole "unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell'art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?

Esplicazione del contenuto

La norma colpita dal quesito (art. 25 comma 3 L. 195/1958) è quella che richiede ad un magistrato che intenda candidarsi nell’organo di controllo della magistratura (CSM), di procurarsi dalle 25 alle 50 firme per presentare la propria candidatura. Il Csm, organo di autogoverno della magistratura, è composto, per diritto, tre persone: il presidente della Repubblica, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati (e sono i cosiddetti membri togati), per un terzo dal Parlamento in seduta comune (sono i componenti laici). 

Quanto alla elezione dei membri togati, l’articolo oggetto del referendum, presuppone la raccolta di firme a sostegno della candidatura.

In caso di vittoria del sì, decade l’obbligo di raccolta firme, consentendo così al singolo magistrato di presentare la propria candidatura in autonomia e liberamente senza il supporto di altri magistrati, rimettendo al centro le qualità personali e professionali del candidato, limitando il condizionamento delle cd. correnti togate.

In caso di vittoria del no, la norma non subirebbe modifiche mantenendo l’obbligo, per la candidatura, di raccogliere 25 firme, considerate da molti una richiesta minima di rappresentanza della categoria. L’attuale riforma dell’ordinamento giudiziario (www.senato.it) al vaglio del Parlamento, già prevede l’eliminazione dell’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle candidature dei magistrati alle elezioni del Csm.

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Per ulteriori informazioni segnaliamo anche il seguente link: dait.interno.gov.it

Certi che la presente informativa sia gradita, ringraziamo per l’attenzione riservataci e porgiamo cordiali saluti.

ASSOCIAZIONE VITTIME DEL DOVERE

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