MONZA. Fare memoria è una necessità che permette di comprendere il passato, di affrontare consapevolmente il presente e di programmare responsabilmente il futuro.

È un dovere morale e civico ma soprattutto un’opportunità di crescita collettiva.

Il 23 maggio 1992 una potente esplosione squarciò l’autostrada A29 nei pressi di Capaci (Palermo), uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Fu un attentato terroristico-mafioso, voluto da Cosa Nostra per colpire colui che aveva condotto indagini e processi storici contro la criminalità organizzata.

La Strage di Capaci fu un atto ignobile di sfida e violenza contro lo Stato e contro la democrazia, ma anche un gesto di disprezzo per la vita umana.

Falcone rappresenta un esempio di coraggio e di sacrificio per la Patria, nel senso più alto e nobile del termine.

E per Patria si intende non soltanto un territorio, bensì il bene comune, che si traduce in rispetto delle leggi e in tutela dei diritti.

Falcone morì per difendere questi valori che sono alla base della convivenza civile e della democrazia.

Per la nostra Nazione, la Strage di Capaci riconduce ad un enorme tributo di sangue, un sacrificio incommensurabile che tuttavia non fu vano perché suscitò una forte reazione morale e sociale da parte dell’opinione pubblica che si mobilitò in manifestazioni di solidarietà e di protesta contro la mafia. Inoltre, indusse le Istituzioni ad intensificare l’impegno nella lotta alla criminalità organizzata con nuove leggi e nuove indagini.

Attraverso la forza della verità e della giustizia possiamo arrivare a poter pensare di sconfiggere la mafia.

Tratto da ReportDifesa.it

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